Il Congresso statunitense certifica la vittoria di Biden, fra manifestazioni e scontri

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giovedì 7 gennaio 2021

È dopo il caos di un assalto al Campidoglio di Washington, sede del Congresso degli Stati Uniti che Camera e Senato ha ha certificato l'elezione di Joe Biden alla Casa Bianca.

Gruppo di manifestanti pro Trump invadono il Congresso il 6 gennaio 2021.

Ma andiamo con ordine. Nella giornata di mercoledì 6, una folla di sostenitori del presidente uscente, spronati dallo stesso Trump durante un suo raduno, ha preso d'assalto il Campidoglio, rifiutando di accettare il risultato delle elezioni e la vittoria di Biden alle urne. Donald Trump aveva promesso battaglia, barricandosi dietro a cause, riconteggi e ricorsi. Il risultato è stato quello di rallentare il passaggio di consegne con lo staff di Biden e di accendere gli animi fra i suoi supporter, fino all'assalto di ieri della sede più iconica delle istituzioni federali statunitensi.

Durante l'assalto i sostenitori di Trump hanno vandalizzato il Congresso, hanno interrotto l'assemblea che doveva ratificare il risultato delle elezioni e inneggiato al presidente uscente. Nella confusione una donna è morta, ferita a morte da un colpo di arma da fuoco, e diversi agenti di polizia sono rimasti feriti. Altre tre persone hanno perso la vita negli scontri, forse a seguito di uno scambio di colpi di rivoltella.

Una volta imposto il coprifuoco dal sindaco di Washington e ritornata la calma, il Congresso ha ripreso i lavori. Camera e Senato Usa hanno bocciato tutti i ricorsi presentati dai legali di Trump e ha finito col certificare la vittoria di Joe Biden, che sarà il 46º presidente degli Stati Uniti d'America.

Lo stato d'emergenza vigerà a Washington fino al 21 gennaio. Nel mentre, ci si aspetta che Trump lasci la Casa Bianca e che Biden si insedi. Il Washington Post, in un editoriale di fuoco, ha chiesto l'immediata rimozione di Donald Trump, ritenuto inadatto a dirigere il paese e visto come un pericolo per la transizione democratica verso la presidenza Biden. Anche se improbabile, una tale rimozione forzata del presidente in nome del 25º emendamento della Costituzione USA vedrebbe Mike Pence, il vicepresidente, gestire la fine del mandato per le prossime due settimane.

Fonti[modifica]