Turchia e curdi, la guerra civile prosegue con le stragi di militari e civili

Questa notizia contiene informazioni turistiche
Da Wikinotizie, le notizie a contenuto aperto

giovedì 9 giugno 2016 Dopo la vittoria alle elezioni da parte di Erdogan a novembre, è cominciata un'offensiva da parte dell'esercito turco nelle zone abitate dai curdi, che aveva già conosciuto i primi episodi a partire da fine luglio.[1]

L'offensiva è culminata nell'assedio di 79 giorni di Cizre, città al confine con la Siria, da metà dicembre al 2 marzo, che ha provocato la morte di 259 civili, ai quali si aggiungono le centinaia di miliziani del PKK uccisi.[2][1] Numerosi i crimini di guerra denunciati durante questa operazione militare: 177 persone sono state bruciate vive mentre erano intrappolate nei rifugi sotterranei, alcuni soccorritori che issavano la bandiera bianca sarebbero stati colpiti mentre prestavano i soccorsi, numerosi i civili uccisi dai cecchini.[2]

L'offensiva militare prosegue ancora in queste settimane in particolare nella città di Nusaybin, anch'essa sul confine con la Siria, e nella vicina Mardin, provocando decine di morti tra la popolazione.[3]

Nelle principali città turche intanto si susseguono sanguinosi attentati, che da luglio hanno fatto più di 200 morti.[4] Il 10 ottobre, durante una manifestazione per la pace ad Ankara, alla quale partecipavano diversi partiti dell'opposizione tra i quali il curdo HDP, in un attacco sferrato da due kamikaze, 97 persone sono state uccise e 245 ferite. È stato il più grave attentato nella storia della Turchia moderna.

Il 7 giugno un attentato ad Ankara ha colpito un bus della polizia e ha fatto almeno 11 morti e 36 feriti. Il governo ha accusato di questo attacco i curdi del PKK.[4]

Il 20 maggio scorso il governo ha ottenuto dal Parlamento l'approvazione di un emendamento costituzionale che rimuove l'immunità dei deputati turchi, ed ora diversi deputati di opposizione del partito filo-curdo HDP rischiano l'arresto.[5] Anche il Parlamento Europeo ha espresso la sua contrarietà a questa decisione.[6]

Fonti[modifica]

Note[modifica]