Emergenza stranieri: sfruttamento e xenofobia

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lunedì 19 maggio 2008

Roghi nei campi rom, leggi «più dure», polemiche con altre nazioni, movimenti xenofobi, sfruttamenti nascosti: proviamo a fare il punto solo considerando gli ultimi giorni.

L'eurodeputata rom[modifica]

Eletta in Ungheria, Viktoria Mohacsi, gruppo Liberale del Parlamento Europeo, ha visitato i campi Rom a Roma e Napoli. Le sue parole, «spaventata e piena di orrore», sono mosse da quello che ha visto: retate notturne, arresti, aggressione nelle prigioni, oltre alla distruzione con le fiamme dei campi Rom.

Il suo commento è durissimo, rilasciato a El Pais con queste parole: «Non è questo il modo per garantire la sicurezza: se c'è il sospetto che ci sia un delinquente in un accampamento, si fa un'inchiesta, lo si arresta e accusa e lo si porta in giudizio. Ma non è quello che sta succedendo. La campagna xenofoba lanciata dalla coalizione di Berlusconi, che ha promesso di cacciare i gitani dal Paese, sta spingendo a perseguire l'intera comunità, non solo i sospetti. E questo è inaccettabile».

E prosegue criticando la legislazione italiana per ottenere la cittadinanza: «Ci sono 3 o 4 generazioni di rom nati in Italia da genitori in arrivo da Paesi non comunitari, arrivati fuggendo dalle guerre dei Balcani, a cui non hanno dato né i diritti di cittadinanza né lo status di rifugiati politici».

Molti i giornali stranieri che hanno accompagnato l'europarlamentare al Casilino e a Ponticelli: circa una decina tra cui il Guardian e l'El Pais. I titoli che hanno pubblicato non hanno mancato di stigmatizzare la situazione riscontrata.

Spagna[modifica]

A parte questo, in Spagna sono piuttosto sconcertati dalla possibilità di istituire il reato di 'immigrazione clandestina'. Ieri il Ministro dell'Immigrazione, Celestino Corbacho: «Vogliono criminalizzare i diversi». «Un immigrato illegale ha un solo destino, il ritorno nel suo Paese, ma per ottenere questo bisogna soddisfare tutte le condizioni di rispetto dei diritti umani». Due giorni prima c'era stata un'altra polemica, stavolta da parte del vicepremier Maria Teresa Fernandez de la Vega: «Il governo spagnolo rifiuta la violenza, il razzismo e la xenofobia, e pertanto non può approvare quanto sta succedendo in Italia», riferendosi soprattutto agli assalti ai campi Rom.

Nondimeno è stata smorzata la polemica il giorno stesso, quando è stato il viceministro Garrido ha precisato che: «non esiste nessuna polemica con l'Italia», e «la posizione del governo spagnolo è di pieno rispetto verso quello italiano». In ogni caso il Ministro degli Esteri Franco Frattini non ha mancato di replicare che queste dichiarazioni non giovano ai buoni rapporti tra i due Paesi.

Anche dall'opposizione, (sia Antonio Di Pietro che Pier Ferdinando Casini), hanno manifestato insofferenza per le critiche provenienti dalla Spagna, viste come «ingerenza» negli affari interni del Paese.

Nel frattempo le polemiche interne non sono mancate: la volontà di Maroni di tenere un «occhio di riguardo» per gli immigrati irregolari «colf e badanti» ha suscitato le critiche di Mario Borghezio e di Maurizio Gasparri, nonché del neo-sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Borghezio avrebbe sostenuto: «più che convinto che in Italia (e anche in Padania) vi siano centinaia di migliaia di donne che potrebbero e vorrebbero svolgere compiti di badanti presso anziani e famiglie». «È ora che qualcuno dica con chiarezza che le badanti straniere rappresentano solo molto parzialmente un'utilità sociale, quando, lavorando pressoché tutte in nero, costituiscono concorrenza sleale nei confronti di molte donne nostre connazionali disoccupate». Ma le badanti straniere in Italia non sono un fenomeno marginale: secondo il leader della Cisl Raffaele Bonanni: «Non servono a niente le dichiarazioni propagandistiche relative alle espulsioni di massa che non tengano conto dei costi altissimi che lo Stato dovrebbe affrontare per la loro realizzazione e delle reali necessità del mercato del lavoro». Nell'ultimo decreto flussi sono previsti 65.000 ingressi per le colf e badanti extra-comunitarie, e in generale 170.000 lavoratori extracomunitari, ma le domande sono non meno di 700.000.

In Sudafrica[modifica]

Anche in Sudafrica è emergenza immigrazione, che in questi giorni ha dato origine a disordini e linciaggi in cui sono morti 12 immigrati, per lo più del vicino Zimbabwe a Johannesburg e nella township di Alexandria. Decine i feriti.

Dalla fine dell'Apartheid milioni di immigrati sono entrati in cerca di una vita migliore, visto che le nazioni tutte intorno sono estremamente povere. Il leader dell'ANC Jacob Zuma, papabile successore del presidente Mbeki, ha condannato questi disordini: «Non possiamo permettere che il Sudafrica sia famoso per la xenofobia, non possiamo essere un paese xenofobo».

Luzzatto (Presidente della Comunità ebraica romana)[modifica]

Anche gli ebrei di Roma sono piuttosto sconcertati di fronte ai disordini di questi giorni. Il loro ex presidente Amos Luzzatto così si confida al merito: «Noi ebrei sappiamo bene cosa significhi essere perseguitati, demonizzati, sterminati. Per questo, da ebreo italiano e da cittadino democratico, non posso che guardare con orrore e preoccupazione alla campagna d’odio verso i Rom».

«È abbastanza evidente: se si vede un uomo nero che ha violentato una donna bianca, per una induzione arbitraria, si ritiene che la violenza sia correlata al colore della pelle. E pur sapendo che la stragrande maggioranza dei neri non sono stupratori per far prima li stermino tutti, ritenendo così di aver fatto una “pulizia totale”. Il razzismo si è nutrito di queste generalizzazioni arbitrarie e di queste correlazioni sbagliate, e una volta innescato il meccanismo del rogo, questo si autoalimenta».

«Noi stessi, noi ebrei, abbiamo subito sulla nostra pelle ripetutamente - fino alla più terribile persecuzione che è stata quella della Shoah - le conseguenze dell’essere prima di tutto indicati come stranieri irriducibili, poi progressivamente stranieri parassiti, quindi stranieri complottanti, infine assassini di bambini cristiani e in conclusione gruppi umani da espellere, da perseguitare, da sterminare. Noi ebrei sappiamo bene cosa significhi essere vittime di pregiudizi che si trasformano in odio e in violenza “purificatrice”. Sappiamo cosa significhi essere additati come il “Male” da estirpare. E da ebreo, oltre che da cittadino democratico, mi sento a fianco di una comunità, quella Rom, che non può, non deve essere vittima di nuovi pogrom».

Storie di immigrati[modifica]

Cosa spesso accada agli stranieri che vengono in Italia lo testimonia anche il caso di persone come Tareq, marocchino venuto in Italia con un contratto da stagionale, come richiesto dalla legge Bossi-Fini. Cosa sia successo realmente lo spiega poi: ha pagato ben seimila euro all'intermediario, a cui ha affidato l'affare: metà per questo, e metà per il datore di lavoro in Italia. Si è indebitato per venire a lavorare in Italia, con la speranza di recuperare i soldi e fare una vita migliore, anche se inizialmente era solo un contratto di lavoro di 9 mesi. Ma poi tutto è andato male: non è stato regolarizzato per il permesso di soggiorno, ed è rimasto clandestino: «Prima di partire ti dicono che avrai casa e lavoro. Invece sono arrivato e mi hanno messo in una baracca senza letto, senza acqua, senza luce, senza bagno. Prima di partire ti dicono che ci sarà da lavorare tutti i giorni, e si guadagnano settanta, ottanta euro al giorno. Invece arrivi d’inverno, e in Puglia non c’è niente da fare, in due mesi ho lavorato solo mezza giornata, con la paga che è venti euro per una giornata piena. Dalle due e mezzo alle sette di sera a raccogliere carote, l’attività ufficiale del padrone, che in realtà guadagna dal traffico di decine di contratti falsi ogni anno. In due mesi ho guadagnato dieci euro, con un debito di seimila euro da recuperare. Con la casa dove abitavamo che era un inferno totale. Non c’era il letto, e non c’era da mangiare. È una vergogna che un imprenditore italiano si comporti così». E continua parlando della sua esperienza con l'abitazione: «Non era una casa! Era una baracca che ci aveva dato il padrone, mi ci aveva portato lui. Ci ammazzavano gli animali lì dentro, era un ex mattatoio. E un amico mio che aveva fatto il viaggio con me stava in una rimessa di uno stabilimento balneare, dove d’inverno ripongono le sdraio e gli ombrelloni, e lui dormiva su una sdraio, insieme a un altro, e loro due pagavano 150 euro al mese per stare lì dentro, e le volte che sono andato a trovarlo dovevo stare attento, non dovevo farmi vedere da nessuno, se no il padrone pensava che anch’io dormissi lì e poi faceva pagare di più. Era una Guantanamo!».

Tareq non ha mancato di ricevere esplicite minacce di morte, a Casablanca. Ma poi, facendosi coraggio, fa i nomi che gli erano stati proibiti di menzionare: «Sono loro, dice, che mi hanno dato la visione del mondo occidentale e del popolo italiano. Io non pensavo che era proprio così la realtà: voi parlate di diritti, anche di diritti degli animali: ma la verità è che i diritti esistono solo per voi, non per gli immigrati». Ora Tareq resta in Italia per motivi solamente economici: «Voglio solo lavorare quel tanto che basta per ripagare il mio debito che ho aperto con amici e conoscenti e poi tornare in Marocco».

Non è un caso isolato. Un altro 25enne marocchino, Salim è venuto in Italia nel 2003, pagando 4500 euro, e da allora lavora in una impresa edile dove sono in 8, metà clandestini, 50 euro per lavorare dalle 8 alle 18, niente paga in caso di malattia. È ancora clandestino, eppure gli è capitato di lavorare persino in ristrutturazioni di edifici pubblici, come caserme dei carabinieri.

Restare clandestini conviene: conveniente agli enti locali che appaltano i lavori pagando costi più bassi, come anche al 'padrone' dell'azienda che li ottiene, allungando arbitrariamente l'orario di lavoro. A proposito dell'immigrazione e integrazione, Rachid aveva iniziato a frequentare una scuola serale di italiano per stranieri. La reazione del suo 'capo': «Ma quale scuola, dovete lavorare e basta!». E gli ha allungato l'orario di lavoro praticamente proibendogli di continuare gli studi.

Tareq conclude: «A veder queste cose vergognose, cose che non ci aspettavamo, noi che abbiamo studiato, che credevamo alle cose belle, ci ammaliamo fisicamente, psicologicamente. Aspettavamo di migliorare la vita, non di trovare queste condizioni. Il problema è che ci sono quelli che hanno fatto un po’ di soldi in Italia, loro tornano, hanno la macchina, i vestiti, là si sta bene, dicono - e allora tutti vogliono imitarli, è questo il problema. Anch’io l’ho voluto fare, ed eccomi qua, con i debiti, e la voglia di tornare».

Adelina, ex-prostituta[modifica]

Ieri sera a le Le Iene (puntata 19 maggio 2008) Luigi Pelazza ha realizzato un servizio sul probabile sequestro di una ragazza albanese, che è andato a cercare con l'aiuto di Adelina. Questa è una donna albanese che ha un passato da prostituta e che attualmente presiede un'associazione per togliere le ragazze dalla strada. Al di là della ricerca di per sé, è stato importante il lungo viaggio fino a Teramo, per controllare assieme ai carabinieri la segnalazione. Infatti questo ha dato modo a Pelazza di intervistare Adelina. La sua storia è tipica di quello che succedeva e succede nel mercato del sesso.

Senza giri di parole lei ha detto questo: nel 1996 è stata rapita da una banda di albanesi mentre camminava per strada. È stata portata in un bunker e violentata da più uomini e ripetutamente, per vari giorni. Poi l'hanno venduta ad una banda di malavitosi, e l'hanno mandata col gommone in Italia, a Brindisi. Poi è stata mandata a Milano. La obbligavano a lavorare dalle 9 di mattina alle 9 di sera, poi un piatto cinese e via ancora sulla strada. E quando tornava a casa doveva fare anche sesso con il suo protettore, perché lei dice, l'80% delle ragazze hanno il protettore. Ma era una protezione relativa: se lei si rifiutava di fare la vita 'da strada' la minacciavano che gli facevano saltare in aria la casa della sua famiglia. La famiglia è stato un altro tasto sofferto: quando hanno saputo che la figlia era a fare la prostituta in Italia, l'hanno disconosciuta, in quanto li ha 'disonorati'. Così mentre la minacciavano sia direttamente che indirettamente proprio sulla famiglia, nel contempo questa stessa l'ha ripudiata come figlia. L'hanno arrestata ripetutamente nelle 'retate' anti-prostituzione. Ma questo non era affatto la fine della sua vita da prostituta coatta: quando tornava in Albania, la polizia albanese la prendeva, la teneva in caserma per qualche giorno, magari la violentava anche, e poi la rivendeva alle bande di criminali albanesi, che la riportavano in Italia. Ha avuto 30 espulsioni ed è stata sempre rimandata in Italia a battere il marciapiede. Faceva anche 1000 euro al giorno, ma non prendeva nemmeno un soldo, si tenevano tutto loro. Tra il 'loro' c'erano anche italiani, per esempio chi affittava le stanze dove abitava.

Per 4 anni e mezzo Adelina ha dovuto fare questa vita. Un giorno, conoscendo un ragazzo con cui usciva per mangiare una pizza ha rotto gli indugi: è corsa alla polizia e ha denunciato l'organizzazione. Hanno arrestato 40 persone. Ma lei, a 33 anni, non ha più niente. La sua famiglia non la rivuole, ma anche se fosse lei è una 'donna morta'. Dopo la sua denuncia la mafia albanese gliel'ha giurata e se tornasse la ucciderebbero.

Fonti[modifica]