Federconsorzi: Un balletto di cifre come sfondo della causa Fondi vs. Unicredit

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lunedì 7 giugno 2010 Sui quotidiani si torna a parlare di Federconsorzi e del suo dissesto miliardario in euro. Non si esita a qualificarlo come il maggiore nella storia italiana, anche se poi seguito da vicende, sempre nel settore agroalimentare, come quelle Cirio e Pamalat di dimensioni colossali.

Questa volta è il quotidiano Il Giornale che dedica un articolo redazionale alla vicenda, vista nell'ottica di Ivo Greco, per tanti anni autorevole presidente di sezione del Tribunale fallimentare di Roma e poi anche Presidente del Tribunale dei ministri. L'importante magistrato incappò in primo grado in una pesante condanna (più di 4 anni di reclusione) da parte del Tribunale di Perugia. La Corte d'appello fu per l'assoluzione, lasciando una lieve condanna per un episodio marginale, ma la Cassazione nel 2006 fu per una assoluzione completa con una formula molto ampia con una sentenza senza rinvio.

Anche con così ampio proscioglimento da ogni accusa, i fatti oggetto di imputazione restano nel loro accadimento materiale: la vendita in blocco e senza gara d'asta di beni valutati 4.300 miliardi di lire per un prezzo di 2.150 miliardi. L'articolista sottolinea che è una prassi consolidata nei tribunali italiani ammettere che i beni non vengano acquistati al loro effettivo prezzo di mercato, ma ad uno di molto inferiore. I tribunali fallimentari, però, stanno ben attenti ad indire aste fallimentari con il rispetto di una precisa procedura, ma in questo caso non fu seguita questa cautela.

Il quadro rappresentato dall'articolo è quasi idilliaco: l'iniziativa del Tribunale di Perugia era completamente errata e oltre a causare amarezza a personaggi eccellenti, ha comportato costi stimabili in 150 milioni di euro.

Ma i Fondi, per lo più esteri, non hanno fatto acquiescenza a questa situazione e hanno fatto causa direttamente ad Unicredit in quanto a loro giudizio ha tratto un arricchimento qualificato a loro dire indebito dalla situazione ed e hanno agito anche perché Pellegrino Capaldo, co-imputato di Ivo Greco, era presidente della Banca di Roma fusasi successivamente in Unicredit.

Per i legali di questi creditori il tribunale di Perugia aveva sbagliato a qualificare bancarotta impropria post fallimentare il comportamento degli imputati e da qui l'assoluzione piena della Cassazione. Ma, a loro dire, c'era un comportamento ingiusto non più perseguibile a livello penale ma fonte di un risarcimento da chiedere in sede civile.

Nel novembre scorso i giornali portarono a grandi titoli la notizia che i creditori esteri avevano intentato una causa con richieste di risarcimenti per 2,2 miliardi di euro, a cui corrispose una pronta rettifica degli importi da parte della presidenza Unicredit: le cifre in causa erano solo 78 milioni di euro. Ma questo è un caso in cui tutti hanno ragione e tutti hanno torto a seconda dell'angolo di prospettiva da cui si guarda il problema. In effetti in questa singola causa la richiesta è di 78 milioni di euro. La cifra 2,2 miliardi di euro deriva da una libera stima del valore attualizzato delle possibili richieste di tutti i creditori che non hanno potuto aderire al piano Capaldo sempre che il loro diritto non risulti poi in concreto prescritto.



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