Intervista a Lorenzo Farina
lunedì 20 settembre 2010
In questa intervista il professor Lorenzo Farina ci parlerà del rapporto tra Wikipedia e l'università italiana, del manifesto per la scienza semplice e della libertà di informazione nella ricerca.
Microbiografia
Lorenzo Farina (3 ottobre 1963), laureato in ingegneria elettronica e dottorato in ingegneria dei sistemi alla Sapienza Università di Roma, è attualmente professore associato della facoltà di ingegneria dell'informazione alla Sapienza. Con un forte interesse verso il mondo di internet e delle sue manifestazioni, è anche uno degli ideatori e primo firmatario del manifesto per la scienza semplice.[1]
Intervista
Ha mai sentito parlare di Wikipedia? Se sì, cosa ne pensa?
- Naturalmente ho sentito parlare di Wikipedia e credo che rappresenti la punta avanzata del sapere moderno nella sua forma più distribuita e fruibile. Le informazioni, soprattutto quelle di carattere tecnico, sono spesso inaccessibili ai più, sia per i costi proibitivi dei manuali sia per il linguaggio spesso oscuro e inutilmente esoterico. D'altra parte la cosiddetta divulgazione scientifica e tecnologica è lasciata a dei giornalisti generalisti i quali sono spesso costretti (o si costringono da sé) a trovare un "messaggio semplice" che faccia notizia e che colpisca la fantasia dei lettori. Insomma, ogni informazione è rilevante se questa ha un interesse per il lettore "tipo" che lo scrivente immagina. Wikipedia non soffre di questa limitazione, perché ognuno può trovare lo stile che preferisce, senza vincoli di "spettacolarizzazione". Purtroppo, gli strumenti di comunicazione sono vincolati al lettore, o spettatore "medio" (il famoso Medioman Locuratolo) che ci si immagina e questo produce profonde distorsioni sul piano comunicativo appiattendo la naturale curiosità del lettore/spettatore che viene appunto trattato da Medioman.
- Pertanto, una comunità di artigiani del sapere, come quella di Wikipedia, non può che portare la conoscenza verso nuove direzioni e lasciare aperta ogni possibilità. La nostra vita di tutti giorni è piena di informazioni che necessariamente dimentichiamo alla fine della giornata, e possiamo dire che la nostra peculiarità come individui è proprio questa: la scelta di cosa dimenticare ci definisce come esseri umani e non lasceremmo mai ad altri questo compito. Lo stesso si può dire delle informazioni contenute in Wikipedia, il quale lascia al navigatore la libertà di dimenticare ciò che vuole mantenendo quindi la sua identità e stimolandone di nuove.
- Inoltre, Wikipedia ci costringe naturalmente ad un atteggiamento critico nei confronti delle informazioni che troviamo, in quanto già sappiamo a priori che queste potrebbero riflettere una particolare impostazione culturale e ideologica. Quando invece leggiamo un libro di un "famoso intellettuale" il nostro senso critico potrebbe essere attenuato o del tutto annullato dalla reputazione dello scrittore. È sempre molto pericoloso basarsi soltanto sulla "credibilità" di chi ci informa lasciando da parte il nostro senso critico che dovrebbe sempre accompagnarsi come il più prezioso degli amuleti.
Ha mai contribuito a Wikipedia? Se sì, in quali pagine; se no, come mai?
- Non ho mai contribuito a Wikipedia perché sono un "professionista della conoscenza" e sono fermamente convinto che Wikipedia debba essere lasciato a dei veri artigiani non professionisti.
Può definire meglio cosa intende per "professionista della conoscenza" e "artigiano non professionista"? E perché questa distinzione tra i contributori dell'enciclopedia?
- I professionisti della conoscenza sono quelli regolarmente stipendiati per produrre/trasmettere conoscenza, come per esempio i professori e ricercatori universitari. Un artigiano non professionista è quello che fa un lavoro qualsiasi e che si dedica, senza alcuno stipendio, a questa attività di diffusione della conoscenza. La mancanza di una retribuzione e la condizione base per la libertà ed indipendenza di Wikipedia. Spero che non esisteranno mai dei wikipediani di professione, ma sarà sempre una comunità libera. Personalmente, potrei collaborare con Wikipedia ma solo su temi non attinenti la mia attività professionale.
Nel mondo accademico di cui lei fa parte, qual è l'opinione riguardo a wikipedia e alle altre nuove fonti d'informazione non tradizionali?
- Credo che il giudizio sia decisamente negativo. D'altronde è evidente che il carattere volutamente de-strutturato del sapere su Wikipedia sia fastidioso agli occhi di un accademico il quale si sente spesso agli antipodi della cultura fai-da-te.
Pensa che il mondo accademico scientifico e quello umanistico abbiano generalmente le stesse idee al riguardo?
- Sì, personalmente non vedo differenze significative.
Che cosa pensa dell'utilizzo di wikipedia da parte di studenti universitari per la preparazione degli esami?
- Credo che gli studenti universitari possano integrare le loro conoscenze con Wikipedia, ma di certo non sostituire quelle dei corsi, soprattutto di base. La formazione è una questione da risolvere faccia-a-faccia fra studente e professore. Ancora oggi credo che questo particolare rapporto umano abbia grande valore e completi la formazione di uno studente.
Condivido l'importanza di questo rapporto studente-professore. Nella mia carriera universitaria ho però notato che un rapporto del genere è una cosa rara, forse sempre di più. L'università pubblica ha un numero sempre più alto di studenti, studenti secondo me molto diversi da quelli di qualche decina d'anni fa dal punto di vista delle motivazioni, insieme a risorse economiche limitate. E va notato che stanno nascendo molti corsi di laurea a distanza in tutto il mondo, in cui il suddetto faccia-a-faccia non è possibile. Secondo lei come si evolverà questo rapporto tra studenti e docenti nei prossimi anni?
- In effetti, a guardare dalle iniziative prese da molte università (soprattutto americane), la formazione a distanza avrà un peso sempre maggiore e considero questo un fatto molto positivo per la diffusione su larga scala della conoscenza (penso soprattutto ai paesi più poveri dove c'è una grande necessità di portare cultura per promuovere uno sviluppo locale sostenibile). Credo però che il rapporto studenti/docenti si manterrà e, anzi, si svilupperà sempre di più sul piano qualitativo. Qualsiasi docente sa che non è possibile trasmettere la conoscenza solo attraverso delle nozioni predefinite, indipendenti dall'ascoltatore. È molto importante rendersi conto che la trasmissione della conoscenza deve anche essere "adattata" all'ascoltatore che non deve mai avere un ruolo passivo, anche nei corsi più tecnici di base. La partecipazione diretta è l'elemento chiave di ogni rapporto umano di qualità.
Passiamo ad altro. Lei è uno degli ideatori del manifesto per la scienza semplice, ce ne può parlare?
- Come abbiamo scritto nel sito dedicato al nostro manifesto per una scienza semplice, lo scienziato semplice è colui il quale percepisce il suo lavoro come quello di un artigiano, proprio come "l'uomo artigiano" rinascimentale, che sa fare bene le cose per il proprio piacere e così facendo apre la strada alle tecniche sofisticate della scienza moderna. Oggi il lavoro artigianale sembra essere dimenticato o, peggio, denigrato dai circoli esclusivi delle accademie e delle istituzioni. Eppure la parte più vitale della scienza non è quella che ripropone vecchie idee con un vestito nuovo, ma quella che sa creare vere novità, che sapientemente miscela conoscenza pratica ed ispirazione teorica, che sa riconoscere il "tocco" personale nelle creazioni e che produce gioia nella comunicazione a tutti del proprio sapere. Non importa la disciplina scientifica di cui si occupa lo scienziato semplice, lui è sempre in grado di occuparsi di cose molto diverse e riesce a passare da un settore all'altro con estrema naturalezza senza sentire minimamente il peso degli artificiosi compartimenti che separano le discipline. Lo scienziato semplice non è necessariamente inserito in qualche istituzione, ma anzi, esprime la sua forza vitale senza riguardo per le tecniche già esplorate, già sfruttate, utilizzando con grande libertà qualsiasi metodologia di analisi dei dati che ritenga utile o solo interessante o divertente. La presenza di una comunità di semplici è molto importante, poiché essi condividono l'aspetto conviviale della conoscenza. Questo atteggiamento è in palese contrasto con la "big science" oggi sempre di più rappresentata dalla biologia molecolare con il suo "progetto genoma" oltre che dalla fisica delle particelle con i giganteschi acceleratori del CERN. Questo modo di fare scienza è decisamente agli antipodi dello scienziato semplice il quale ritiene che le grandi imprese collettive debbano nascere spontaneamente "dal basso" senza grandi finanziamenti o progetti faraonici. Il problema fondamentale è che la scienza viene presentata come un'impresa esoterica di grandi eroi solitari e geniali che forniscono soluzioni ai problemi dell'uomo, e non come uno strumento d'indagine razionale che permette di farsi "nuove domande" usando la naturale meraviglia che ciascuno di noi ha nello stare al mondo. La scienza semplice ha un profondo carattere artigianale e la comunicazione dei suoi risultati è parte integrante del suo essere. Il "paradigma semplice" permette di superare le barriere fra chi fa ricerca e chi non la fa proprio perché l'aspetto collettivo è al centro delle preoccupazioni dello scienziato semplice.
Qualè la motivazione che ha portato alla stesura di questo manifesto? Cosa vi proponete di fare?
- L'idea è venuta per caso (come sempre, del resto). Io e Alessandro Giuliani (primo ricercatore dell'Istituto Superiore di Sanità) ci siamo trovati sulla stessa lunghezza d'onda su moltissime cose, nonostante la grande diversità nel nostro bagaglio culturale: io con una formazione ingegneristica e lui biologico-statistica. Un'idea importante alla base del "Manifesto" è che la fisica matematica non è più un modello per le altre scienze. Questo implica che la matematica stessa diventa una delle possibilità con cui possiamo descrivere l'universo che ci circonda, ma non l'unica". Dunque si può fare a meno della matematica nella scienza? "Naturalmente no. La nostra cultura razionale non può fare a meno di "strutturare" il mondo dei fenomeni in termini di regolarità, e la nostra società è organizzata secondo il pensiero logico-razionale. Anche noi "scienziati semplici" amiamo questa tradizione e ne riconosciamo la forza e la suggestione. Però non bisogna usare la matematica come se fosse il linguaggio di Dio per esprimere Verità Ultime, ma come un semplice microscopio, non importa quanto sofisticato, in grado di analizzare e interpretare dei dati sperimentali e ottenere informazioni. Inoltre non è il grado di sofisticazione dello strumento-matematica che conta, ma l'inventiva, la fantasia individuale del ricercatore, proprio come un artigiano di genio. La nostra provocazione mette l'accento sulla necessità di un confronto con le sfide attuali della scienza, sui suoi metodi e finalità. Permettere a tutti di fare scienza ad alto livello è un'idea rivoluzionaria, e quando sottolineiamo la perdita di centralità della matematica a favore della fantasia e dell'estro personale sappiamo di minare alla base l'immagine che molti scienziati hanno di sé. Noi vogliamo mostrare nuove possibilità, non abbattere le vecchie.
Da quanto vedo uno dei cardini per lo sviluppo della scienza semplice è l'accesso a grandi quantità di dati in modo gratuito e libero. Wikipedia stessa distribuisce i propri contenuti sotto licenze libere Creative Commons e della Free Software Foundation. Recentemente alcune importanti riviste di ricerca scientifica hanno adottato l'uso di queste licenze per la pubblicazione degli articoli. Cosa ne pensa dell'uso di queste licenze nel mondo della ricerca?
- La disponibilità gratuita di una grande quantità di dati è il punto di partenza della scienza semplice. Non a caso l'inizio del manifesto recita:
« L'uomo e la donna moderni non sono più certi di dove sia "scritta" la filosofia, ma quel che è certo è che nuovi e immensi libri continuamente stanno aperti innanzi ai loro occhi (noi diciamo internet). L'infinita biblioteca di Babele on line, oltre a fornire una perfetta metafora del caos culturale che ci sostiene e travolge, apre infatti nuove ed entusiasmanti opportunità: le sterminate banche dati in rete della biologia (e non solo), offrono a tutti la possibilità di avere a disposizione a costo zero "sensate esperienze", e cioè i risultati di esperimenti effettuati in laboratori sparsi nel mondo. Qualsiasi ricercatore dotato di un decente personal computer ed un collegamento ad internet può scaricare nel proprio computer e analizzare grandi basi di dati che riguardano polimeri biologici, interazioni tra proteine, profili di espressione genica e segnali fisiologici provenienti da esperimenti su batteri, piante, topi, cellule umane, ma anche dati finanziari, mappe meteorologiche, rilevamenti sismici, il traffico mondiale su internet o sulle reti di distribuzione elettrica, etc. Se il ricercatore ha sufficiente fantasia ed ingegno da riuscire, con un accurato uso di modelli e metodologie di analisi dei dati, ad individuare e interpretare regolarità e relazioni tra proprietà fino ad allora considerate indipendenti, può fare dell'ottima scienza. Le riviste scientifiche sono piene di queste applicazioni che ormai rappresentano la punta di diamante della scienza moderna. Questo significa che l'estro individuale può contare immensamente di più delle "grandi cordate" e dei grandi finanziamenti. » |
Note
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