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Kenya: il paese sull'orlo della guerra civile, oltre 300 i morti

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mercoledì 2 gennaio 2008

Mwai Kibaki con George Bush

Dopo i primi tafferugli tra fazioni politiche la situazione in Kenya si sta velocemente aggravando: ormai il paese africano è sull'orlo della guerra civile. Il motivo della contesa è la rielezione del presidente uscente Mwai Kibaki: l'opposizione, capeggiata da Raila Odinga, contesta brogli elettorali e chiede il riesame dei risultati (richiesta accolta dall'Unione Europea).

Raila Odinga con Gordon Brown

Tuttavia gli scontri si stanno tramutando in una guerra fra due etnie: la prima e più diffusa è quella dei Kikuyo (tribù della quale fa parte il presidente), mentre l'altra è quella dei Luo (alla quale appartiene il leader degli oppositori).

Intanto, mentre per le strade l'ondata di violenza avanza, 50 persone (compresi molti bambini, tutti di etnia Kikuyo) sono morti arsi vivi durante un incendio appiccato in una chiesa di Eldoret, nell'estremo occidente del paese.

Il presidente del Ghana e dell'Unione Africana John Kufuor

Dopo questo episodio Kibaki ha dichiarato, riferendosi prima ad Odinga ed in seguito ai Luo, che «è lui che guida il tentativo di pulizia etnica. Tutti gli attacchi e le stragi sono venute da loro».

Il bilancio delle vittime nel frattempo si aggrava ora dopo ora: oltre 75.000 sfollati e 300 morti. La maggior parte degli sfollati sono individui in fuga dal proprio paese per cercare rifugio in Uganda.

Nonostante per il momento le zone turistiche siano state risparmiate dalle violente proteste, il capo dell'unità di crisi Elisabetta Belloni ha sconsigliato i viaggi turistici verso il tormentato paese africano, in quanto «Per quel che riguarda i turisti, adesso la situazione è tranquilla. Nei prossimi giorni, però, potrebbe aggravarsi». Ha aggiunto poi «In attesa che la situazione si chiarisca abbiamo contattato le associazioni di categoria e i tour operator per far fronte a eventuali rientri repentini».

Intanto il primo ministro della Gran Bretagna Gordon Brown ha chiesto all'Unione Africana di trattare per la riappacificazione tra le parti. La richiesta è stata rinnovata dal Ministro degli Esteri britannico David Miliband e dal Segretario di Stato statunitense, che fanno appello ai keniani di «far prova di spirito di compromesso».

Date queste richieste di mediazione, il presidente di turno dell'Unione Africana John Kufuor (Capo di Stato Ghanese), si sta dirigendo verso la capitale del Kenya per trovare una soluzione diplomatica alla contesa.

Bandiera del Kenya

Si è recentemente pronunciato riguardo la situazione in Kenya un missionario italiano attivo nel luogo, padre Alex Zanotelli. Ha dichiarato «La base degli scontri è soprattutto di carattere economico: la mia esperienza di molti anni di vita in Kenya, a Korogocho, mi fa escludere decisamente che si possa arrivare a scontri interreligiosi; l'intesa tra le differenti religioni, con l'eccezione di piccoli gruppi di integralisti, è stata sempre grande né gli islamici sono affatto coinvolti nelle vicende attuali: i kikuyu, l'etnia del presidente Kibaki, hanno una lunga storia di potere non solo politico, ma anche economico sin dai tempi di Kenyatta, poi continuata durante il regime di Moi; adesso i Luo, l'etnia di Raila Odinga, vogliono recuperare questo potere economico e certo non vorrebbero lasciarsi sfuggire l'elezione del presidente, che ritenevano a portata di mano. Credo che questa sia la ragione della violenza degli scontri, in un sistema paese che peraltro è violento per sua natura. Il problema è tipicamente interno e deve essere risolto internamente. La comunità internazionale potrebbe al massimo chiedere la ripetizione della consultazione elettorale. Questo mio è solo un tentativo di riflessione dall'esterno, sapendo peraltro che Raila Odinga ha sempre giocato la carta del personalismo. Mi auguro solo che questo contesto non sfoci in un clima da guerra civile».

Fonti