Obama ripercorre i passi di Kennedy a Berlino: «USA ed Europa unite per la Libertà»

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giovedì 24 luglio 2008

Barack Obama durante il discorso

Barack Obama come John Fitzgerald Kennedy. Il senatore afro-americano è arrivato quest'oggi a Berlino, dove si è prima intrattenuto con la cancelliera Angela Merkel ed il ministro degli esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, per poi recarsi nel centro della capitale, all'ombra della Colonna della Vittoria, dove ha tenuto un discorso pubblico dinanzi ad una folla di mezzo milione di persone.

«Ringrazio la Merkel e il ministro degli Esteri Steinmeier per il benvenuto che mi hanno dato», ha iniziato Obama, giunto in leggero ritardo sul palco nel Großer Tiergarten. «Ma ringrazio soprattutto Berlino. Questa città come molte altre conosce il sogno della Libertà. Le persone del mondo devono guardare Berlino, dove il muro è caduto e dove la storia ha provato che non c'è una sfida che non si può combattere per il mondo unito».

Il candidato del Partito Democratico alla presidenza degli Stati Uniti d'America ha poi parlato delle sue origini: «Non vi parlo da candidato alla Casa Bianca, ma da americano, da cittadino del mondo. Non assomiglio agli americani che hanno parlato qui prima di me, la mia storia personale è diversa, una storia americana. Il padre di mio padre era un servo degli inglesi, un cuoco. Berlino è il simbolo della libertà per me, il simbolo di una determinazione alla quale i popoli del mondo devono guardare con ammirazione».

La Colonna della Vittoria (Berliner Siegessäule)

Giunge poi il turno, nell'intenso discorso, dei rapporti bilaterali tra USA ed Europa, che «Devono lavorare insieme per sconfiggere il terrore e prosciugare il pozzo dell'estremismo che lo appoggia».

Barack Obama parla poi della situazione dell'Afghanistan: «L'America non può farlo da sola, il popolo afghano ha bisogno delle nostre truppe e delle vostre truppe».

«L'America non può isolarsi – prosegue il senatore dell'Illinois –, l'Europa neanche. È arrivato il momento di costruire nuovi ponti. Bisogna abbattere tutti i muri che restano ancora in piedi, i muri tra vecchi alleati e l'altra parte dell'Atlantico non possono resistere. I muri tra i Paesi che hanno di più e quelli che hanno di meno non possono resistere, non possono resistere i muri tra le razze, le tribù, gli immigrati e i nativi, tra cristiani, musulmani ed ebrei». «C'è bisogno che tutti abbiano le stesse opportunità».

Il primo e unico discorso pubblico di Obama nel suo viaggio in Europa prosegue poi con una riflessione sul tema ambientalista: «Dobbiamo investire nella cooperazione, costruire istituzioni più forti e condividere i sacrifici. Dobbiamo unire gli sforzi per salvare il pianeta e agire con risolutezza. Riducendo le emissioni che inquinano la nostra atmosfera. Non vogliamo lasciare ai bambini le tempeste che distruggono il Pianeta, vogliamo dare un futuro ai nostri bambini e dare la speranza a chi è rimasto indietro».

Il senatore 47enne ha poi concluso parlando degli errori degli Stati Uniti, e della guerra in Iraq: «So che il mio Paese non è perfetto. Ci sono state occasioni in cui abbiamo dovuto lottare per i nostri diritti. Abbiamo fatto degli errori. Ma questo non diminuisce l'amore che ho verso la mia Patria». Sul martoriato paese asiatico, Obama ha detto di avere «ideali profondi di speranza e libertà che sono il tessuto della società americana».

Sulla mancata tappa in Italia, Obama ha annunciato a SKYTG24: «Amo l'Italia, è un paese meraviglioso»; «Verrò appena possibile».

Il viaggio nel Medio Oriente: «Gerusalemme sarà la capitale di Israele»

Obama in Iraq con il generale David Petraeus

Prima di giungere in Germania, Obama è già passato per l'Afghanistan, l'Iraq, Israele e Palestina. In queste ultime due nazioni, si sono concentrati gli sforzi diplomatici del candidato alla Casa Bianca, che ha incontrato il ministro degli esteri israeliano Tsipi Livni, e il presidente dell'ANP, Abu Mazen. Appena giunto all'Aeroporto Internazionale Ben Gurion, il senatore ha parlato dello «speciale rapporto» che lega la sua patria con la nazione del Medio Oriente: «Il principio più importante che voglio riconfermare è quello del rapporto storico e speciale fra Stati Uniti e Israele, che ho ribadito durante tutta la mia carriera e che non intendo soltanto mantenere ma rafforzare».

Informato poi di un attentato avvenuto a Gerusalemme, l'ha definito come «un monito della necessità di lavorare diligentemente, urgentemente e unitariamente per sconfiggere il terrorismo».

E proprio Gerusalemme, nelle intenzioni di Obama, dovrà essere la capitale dello Stato d'Israele: «Gerusalemme sarà la capitale di Israele, l'ho sempre detto e continuo a dirlo, ma ho anche detto che si tratta di uno 'status' finale».

Nella giornata di ieri, oltre al capo del dicastero degli esteri e al presidente palestinese, Barack Obama ha incontrato Ehud Barak (Ministro della Difesa, Israele), Benjamin Netanyahu (Capo del partito d'opposizione Likud, Israele) e il presidente israeliano Shimon Peres, il quale ha detto ad Obama: «Se possa darle un consiglio come candidato lei deve essere un grande presidente degli Stati Uniti, perché il mondo ha bisogno di una visione e di una leadership». Il candidato statunitense ha risposto: «Ho compiuto questo viaggio per riaffermare le relazioni speciali tra Israele e gli Stati Uniti e l’impegno per la sicurezza di Israele. La mia speranza è che possa essere un partner effettivo, sia da senatore che, eventualmente, da presidente».

Il ministro degli esteri israeliano, Tzipora Malka Livni

Poi, si è recato in visita allo Yad Vashem, lo storico museo che ripercorre gli eventi dell'Olocausto.

Nel pomeriggio, è partito per Ramallah, dove, dinanzi ad Abu Mazen ed il negoziatore Saeb Erekat, ha detto di voler essere un «partner costruttivo» per portare finalmente la pace nella martoriata zona del Medio Oriente. Erekat si è detto soddisfatto delle parole di Obama: «Abbiamo apprezzato molto che Obama si sia impegnato a lavorare con noi verso una soluzione con due stati». Ha anche annunciato che nell'incontro, definito «eccellente», il senatore è stato messo al corrente delle «difficoltà e degli ostacoli» che insorgono in sede di negoziato.

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