Ago Panini: un regista in transizione dai videoclip al grande schermo

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intervista a cura di Snowdog

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domenica 8 giugno 2008

Microbiografia[modifica]

Agostino "Ago" Panini (per gli amici da sempre solo "Ago"), classe 1967, regista emergente, pubblicitario ed ex musicista negli Ottantottotasti. Da oggi 20 febbraio 2009 è in sala[1], dopo l'anteprima nazionale il 25 ottobre al Festival Internazionale del Film di Roma[2], il suo primo lungometraggio, Aspettando il sole [3], che vanta un cast d'eccezione comprendente tra gli altri Gabriel Garko, Vanessa Incontrada, Claudia Gerini e Raul Bova.

Carramba che sorpresa[modifica]

Snowdog ha incontrato Ago a Milano, negli uffici della sua casa di produzione. L'intervistato è spossato, dato che ha appena terminato la prima visione del film per i distributori. L'intervistatore è un po' nervoso in quanto non ha mai intervistato nessuno prima d'ora. Il fatto che più di vent'anni fa era compagno di classe dell'intervistato, e che non si sono più visti da allora, aggiunge una buona dose di curiosità all'incontro.

Intervista[modifica]

Ago Panini

W@H: Ci racconti in due parole la trama del film?

Agostino "Ago" Panini: In due parole è "il senso della vita", però vado un po' più profondo. È la storia di quindici persone che incrociano i loro destini in una notte, in un albergo fuori mano. In realtà la macro storia è la vita di queste persone. Messe tutte insieme queste vite compongono un affresco a mio giudizio abbastanza veritiero del genere umano, e sostanzialmente l'impossibilità per l'uomo di essere pulito e corretto. Sono sei storie principali che si incrociano. Una storia si svolge nella reception (e poi ovviamente si mischia a tutte le altre), e i protagonisti sono Claudio Santamaria e Michele Venitucci, che sono due balordi, autodefiniti tali, che non sanno come passare la notte e quindi bivaccano nella reception di questo albergo, il cui portiere di notte è Giuseppe Cederna. La loro storia racconta le bizzarrie di questo portiere di notte che ha delle passioni strane, degli strani hobby, e in realtà l'incapacità dei ragazzi di rendersi conto che sono loro ad essere in pericolo e non il portiere di notte come loro pensano.
In una storia c'è Raul Bova che vive il dolore dell'abbandono al telefono. Viene lasciato dalla sua fidanzata. Ed è un omaggio al bellissimo episodio "La voce umana" del film "Amore"; quello con la Magnani; su testo di Cocteau (e per la regia di Rossellini n.d.r.). In un'altra storia ci sono Vanessa Incontrada, Corrado Fortuna, Bebo Storti e Sergio Albelli che stanno girando un film porno, in cui Vanessa è questa fantomatica Kitty Galore, che è una star famosissima del porno, e che in realtà ha voglia di parlare di tutt'altro e quindi racconta le sue passioni vere e le cose che le piacciono a questo giovane attore, interpretato da Corrado Fortuna, con cui sta dividendo la scena, e col quale finiscono per innamorarsi. Intanto il regista e l'operatore filosofeggiano su cose casuali, tra cui il cinema, le pizze e il senso dell'amore. In un'altra storia ancora ci sono Gabriel Garko e Raiz, che sono due rapinatori di bassissima lega, che sono sfollati in quell'albergo e sono a tutti gli effetti prigionieri, nel senso che quei pochi soldi della rapina li hanno spesi in schifezze da mangiare e quindi non possono pagare l'albergo e non possono uscire. Qui interviene dall'esterno, ma all'interno della storia, un televenditore che li imbonisce, in particolare imbonisce Garko dal televisore, e lui si confessa e fa una specie di strana seduta psicanalitica al telefono. In una storia ci sono Claudia Gerini e Thomas Trabacchi che sono due amanti, e lei per sbaglio provoca la morte di Thomas e quindi per due terzi del film ha a che fare con il cadavere di un uomo, non sapendo bene cosa farne, e alla fine finisce per innamorarsene. Infine c'è la storia con protagonista Rolando Ravello, che apparentemente è un uomo normale, ma non lo è, e che quindi da solo, in una camera d'albergo, subisce tutti i vicini di stanza che fanno casino, gridano, strillano, piangono ridono, scopano, ecc. ecc., cercando di stare il più calmo possibile, il più neutro possibile, e condivide la stanza con un piccolissimo cane. Questo più o meno è, fino al giudizio divino finale. Però in realtà la storia è composta dalle parole che loro raccontano. È uno spaccato. Come se noi guardassimo un formicaio dall'alto e l'insieme di tutte le formiche compone la storia del formicaio, ma la singola formica da sola non può far comprendere la storia.

W@H: La domanda era banale però l'ho fatta per un motivo. La prima notizia che ho avuto del tuo film era un articolo sul sito del Corriere della Sera e il titolo era "Vanessa Incontrada pornostar". Non hanno nemmeno scritto "nel ruolo della". Poi recentemente c'è stato "Caos calmo", di cui praticamente si è parlato solo per la scena "hard" tra Nanni Moretti e la Isabella Ferrari. Per cui mi chiedevo... ovviamente è più colpa della stampa che del regista, che avrebbe interesse che si parlasse di altro..., ma questo è davvero l'unico modo per incuriosire il pubblico?

AP: Ma allora; Vanessa fa la pornostar nel nostro film, quindi la notizia corrisponde a verità. Di tutte le storie è assolutamente quella che sempre muove più interesse, perché lei è Vanessa e quindi è una diva stra-adorata dal pubblico italiano, ma anche perché fa la pornostar. E lo fa a tutti gli effetti. Lo fa uscendo dal cliché della pornostar, senza ombra di dubbio. Però il suo ruolo è quello. Anch'io ho fatto questa riflessione quando ho visto tutto il can-can su "Caos calmo", cioè non si capisce perché si parla sempre della scena di sesso e mai della scena sulla panchina, però credo che questa sia una scorciatoia banale che sempre si prende in un paese che comunque ha questo suo vissuto di pruderie cattolica. Quindi ogni volta che fai vedere le gambe è più importante che se enunciassi la teoria della relatività. Questo perché siamo un paese così, di bigotti e puttanieri in realtà, per cui inevitabilmente quella roba li, tira. Comunque va bene. A me serve che il film vada fuori e la notizia è reale, per cui va bene. È parziale e va bè, sarebbe più interessante parlare di tutto il film. Non che la storia di Vanessa non sia interessante, ma non è la storia principale, nel senso che le storie hanno tutte assolutamente lo stesso peso. Non per una volontà democratica, ma perché il film è un film in cui le voci si devono miscelare una nell'altra. Quindi se una storia prevalesse sulle altre il film non funzionerebbe. Però è una delle storie. Chi andrà li per vedere solo le tette della Incontrada si sorbirà anche Raul Bova, Garko, eccetera... e le gambe della Gerini, che sono bellissime, ma nessuno ne parla.

W@H: Il film ha un cast abbastanza numeroso e con una serie di nomi di un certo livello. Da regista esordiente, dover gestire un cast anche così variegato, perché per dire, Bebo Storti e Gabriel Garko normalmente uno li pensa....

AP: In due universi diversi.

W@H: Infatti. È stata una cosa complicata dover gestire tutti questi attori? Anche perché magari non sai bene come si svilupperanno i rapporti tra di loro.

AP: Ma guarda, loro sono stati tutti disponibilissimi. E si sono fatti un mazzo pazzesco. Perché le regole del film erano molto chiare per tutti. Nel senso che, per questioni di organizzazione io avevo cinque giorni a testa. E in cinque giorni bisognava fare tutto (per ciascun personaggio). Per cui questo richiedeva un ritmo di lavoro teatrale praticamente, nel senso che noi abbiamo fatto con tutti gli attori moltissime prove nelle settimane precedenti alle riprese. E poi abbiamo girato tutto. Cioè io li ho buttati dentro la loro stanza e ho girato le scene con la macchina a mano da tutti i punti di vista. Questo ha fatto si che loro lavorassero con estrema naturalezza e con profonda adesione al personaggio. Giustamente tu hai tirato fuori il fatto che tradizionalmente Garko e Bebo Storti per esempio, piuttosto che Giuseppe Cederna e Raiz o Raul Bova e Rolando Ravello, appartengono a universi separati. La mia è stata una volontà precisissima di miscelarli questi universi, perché secondo me le scatole sono uno dei grandissimi mali del cinema italiano. Noi purtroppo siamo incapaci di produrre film contaminati, film che sono non solo commedia, non solo noir, non solo da ridere, non solo da piangere, non solo pesantissimi. Ovvero siamo incapaci di parlare con leggerezza di cose pesanti, siamo incapaci di parlare con profondità di temi veri, senza diventare dotti e supponenti. E invece in questo film, il tentativo ovviamente, poi il risultato lo giudicherà la gente, è proprio quello, utilizzando attori "pop" nel senso musicale del termine, di arrivare a parlare di certe cose con leggerezza, perché il film è molto... è un film leggero. Non leggero nel senso che dice cose futili. Leggero nel senso che non ha niente di appesantito, non ha niente di insistito, è fatto come una danza. Infatti non a caso le musiche sono tutte delle danze. Sono una tarantella, un valzer, una marcia, ecc.
Però questa contaminazione tra attori ha sviluppato cose meravigliose, perché Garko e Raiz che lavorano nella stessa stanza sono veramente il giorno e la notte, il polo nord e il polo sud, e proprio nella loro commistione viene fuori l'energia meravigliosa di quella stanza. Vanessa, che è una attrice in qualche modo leggera, che lavora con Corrado Fortuna, che è un attore strepitoso, un attore di Tanino; con Bebo che è un cabarettista, che invece fa una parte da regista porno, che però potrebbe essere Billy Wilder; hanno creato un microcosmo in cui proprio in questa stranezza ciascuno ha perso la sua tipicità e sono diventati veramente delle altre cose. I personaggi che loro interpretano sono in qualche modo delle maschere da commedia dell'arte. Ad esempio Kitty Galore, che è la pornostar interpretata da Vanessa; è lei che la interpreta, è lei che le da vita, voce, forme e colori. Ma è anche la parrucca rossa, la mascherina e tutte queste cose qua, capito? Quindi questo ancora di più ha aiutato gli attori a uscire dal loro essere e a diventare veramente personaggi. Lavorare con loro è stato bellissimo, sono stati tutti molto..., ma non è un modo di dire..., molto gentili e carini. Disponibilissimi oltre ogni ragionevole logica. Quando abbiamo finito con Raul, mi ha detto: "Cinque giorni come cinque mesi". Era stravolto, non riusciva più a parlare. Però io credo che il risultato sia interessante perlomeno.

W@H: Magari il fatto che anche loro potevano uscire dalla scatola di cui parlavi... Non so quanti anni è che ciclicamente si parla del fatto che il cinema italiano è in crisi. È vero o è solo che a noi italiani piace lamentarci?

AP: Il problema è che secondo me... Beh, sicuramente a noi piace lamentarci. Quest'anno, in particolare il 2007 e l'inizio del 2008, sono stati strepitosi per il cinema italiano in termini di numeri. Ha fatto un sacco di soldi e va bene così. L'industria deve funzionare altrimenti non c'è un'industria del cinema ma solo casi sporadici. Però siamo quasi più pronti ad accettare la sconfitta che a cercare una vittoria, senza poi essere necessariamente trionfalistici. Il pubblico va al cinema. Va a vedere i film e va a vedere i film italiani, perché ha voglia e quindi non è vero che c'è una crisi di pubblico. Però bisogna dargli della roba che non sia sempre e soltanto la stessa. Perché è vero che se gli dai sempre la stessa minestra sei un po' più assicurato, però contemporaneamente è come la coltura intensiva di un campo. Lo sanno tutti. Se io coltivo il campo per vent'anni di fila sempre e solo a girasoli, il campo muore. Devo fare una rotazione, un anno sono girasoli, un anno il grano, un anno ci fai la paglia o non so che cosa, e la stessa cosa deve funzionare nel cinema. L'Italia deve produrre non solo la commedia adolescenziale o il film di Natale, deve anche produrre i gialli, deve anche produrre le cose leggere ma intense, e deve produrre film sociali ma fruibili, non film sociali che sono ostici di principio, che tu dici "adesso vado a farmi una rottura di cazzo spaventosa, però vado a vedere una roba socialmente importante". I film di Ken Loach non sono delle rotture di cazzo spaventose, sono dei film strepitosi, coinvolgenti, affascinanti, ben girati, ben fotografati, ben montati, ben sonorizzati, con delle tematiche molto spesso tostissime. Però sono dei bei film. E come se tu dici "No, io adesso devo leggere un libro importante..." Ad esempio, Gomorra è un libro avvincente, non è una rottura di palle infinita. Quando Paolini raccontava il Vajont, faceva delle denunce sociali spaventose, ma faceva gran teatro, e la gente stava a vederlo per sentire come andava a finire...

W@H: c'erano momenti dove ridevi anche...

AP: E c'erano momenti dove ridevi anche. Uscivi da li e ti eri sorbito la storia del Vajont, una critica politica fortissima, un'analisi storica e sociologica strepitosa, ma anche due ore di teatro. Avevi riso ed eri stato a teatro,. Che uno dice: "Ammazza vado a teatro. Che palle!". Puoi fare quella roba li, ed è teatro politico, forte, intenso, un monologo, senza scenografia, con tutte le difficoltà. Eppure è fatto con grande intelligenza e riesce a funzionare. Questo è quello che deve succedere, solo che non devono essere casi. Questo è quello che bisogna coltivare. Continuando a fare le commedie adolescenziali, i film di Natale, che vanno benissimo perché portano gente al cinema, portano gente che si innamora del cinema, che ha voglia di fare cinema, ecc, ecc, Ma senza pensare che si possa fare solo quello. Solo che bisogna farlo in maniera intelligente, questo si.

W@H: Tu, in qualità di giovane regista emergente, per così dire...

AP: A quarant'anni

W@H: Infatti. A parte che in Italia sei un politico emergente a sessanta... Pensi che magari se fossi nato all'estero, diciamo in Francia o in Germania, il debutto cinematografico saresti riuscito a farlo prima? O l'avresti fatto comunque a quarant'anni perché hai seguito un tuo percorso che ti ha portato solo adesso ad essere pronto per fare un film?

AP: Allora... Io sono contento di averlo fatto adesso, perché se lo avessi fatto prima lo avrei fatto diverso. Siccome mi piace come è fatto adesso, sono contento di averlo fatto adesso. Il mio mestiere vero è fare la pubblicità. Facendola ho imparato a usare la macchina da presa, il suono, il colore, la luce, il montaggio, gli attori, tutta questa roba qua, e questo mi ha consentito di affrontare un film in tempi surreali per scelta, non per obbligo economico. In condizioni difficili, perché alla fine tutto il film è girato in 50 metri quadri, ma con un mestiere alle spalle. Per cui non credo che se fossi nato in Francia o in Germania avrei fatto le cose prima o dopo. Sicuramente in quei paesi c'è una cinematografia locale più variegata. Cioè, la Francia e la Germania esauriscono una buona parte del fabbisogno di cinema che il loro paese ha, quindi producono commedie, producono film rosa, producono film d'azione, producono film da ridere, film drammatici, di denuncia, film di storia... noi facciamo qualche commedia adolescenziale e i film di natale, che funzionano di brutto, clonati in tutte le salse. Quelli di Natale debordano prima di Natale, durante Natale, dopo Natale, fino a Pasqua. Quelli adolescenziali vanno da Notte prima degli esami 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7 a Gabriele Muccino piccolo un po' più drammatico, quell'altro un po' più da ridere... Però quello è il filone che viene giustamente spremuto, perché gli adolescenti vanno al cinema e quindi è giusto dargli anche quelle cose Però secondo me si può fare di più. Non credo che se io fossi nato da un'altra parte, l'avrei fatto prima. Sono pigro e sono contento così. Ho preferito fare prima i figli.

W@H: Hai già in cantiere un progetto per un nuovo film? O comunque, potendone fare un altro, hai desiderio di esplorare un genere particolare? Non so, un musical?

AP: Nel paese dei sogni mi piacerebbe fare un musical. È il mio cinema preferito in assoluto. I grandi musical degli anni '50 e '60, e fino agli anni '70, li adoro assolutamente. Si. Ci sono diversi progetti, alcuni prodotti da noi, cioè con la mia casa di produzione, come è stato prodotto "Aspettando il sole". Altri prodotti da altre case di produzione che mi hanno contattato. Si ci sono un po' di cose. Probabilmente questa estate gireremo una versione dell'Otello di Shakespeare, ambientato oggi, abbastanza interessante. Vediamo. Non prodotto da me. Poi altre cose. C'è un romanzo brasiliano molto bello su cui stiamo lavorando e parecchie altre cose, ma con calma, senza... Basta farli bene i film. Poi secondo me, quando sei un po' più vecchio vengono meglio. Secondo me Woody Allen i film più belli li ha fatti tardi. Clint Eastwood anche. Quindi va bene così, non c'è fretta.

W@H: Dato che hai cercato di usare il maggior numero possibile di attori nel primo film, è rimasto qualcuno con cui ti piacerebbe lavorare?

AP: Italiano o straniero?

W@H: È indifferente. Magari qualcuno attuale e qualcuno del passato che ti sarebbe piaciuto dirigere.

AP: Tra gli italiani secondo me Pierfrancesco Favino è bravissimo. Beh, nel delirio a me piacerebbe lavorare con Favino e con Christian De Sica. Ovviamente per fargli fare due ruoli diversi da quelli che fanno di solito. Del passato... beh son banali le cose sai... tipo...

W@H: Fred Astaire e Ginger Rogers?

AP: Ah no, sul musical...

W@H: Visto che ti piace il genere...

AP: Sul musical assolutamente. Anzi no, Gene Kelly su tutti. Gene Kelly e Donald O'Connor... Vabbè, Javier Bardem, che adesso è anche molto di moda. Poi sono un grandissimo fan di Penelope Cruz quando fa i film spagnoli. E mi piacerebbe fare un film con Robbie Williams, il cantante, facendogli fare il tassista londinese. Ma non ci verrà mai.

W@H: Tu essenzialmente hai fatto la gavetta con spot pubblicitari e video musicali. A livello concettuale sono un po' la stessa cosa, nel senso che entrambi servono a promuovere un prodotto; sia esso un'auto, la pummarola o una canzone. Quale dei due clienti è più difficile da trattare? L'azienda o il musicista.

AP: Beh, sono due difficoltà diverse, perché quando l'artista diventa un'azienda è più difficile dell'azienda. Quindi quando hai a che fare con le superstar... Poi loro al 99% sono delle persone deliziose, il problema è che hai meno soldi di quelli che hai in pubblicità, e quindi meno agio, hai un filmato che mediamente dura sei volte uno spot pubblicitario...

W@H: Hai meno soldi anche se si tratta di Madonna?

AP: Madonna non lo so perché non l'ho mai fatto, però se fai Zucchero o Ramazzotti... Se fai queste cose qua, come mi è capitato di fare, hai dei bei soldi rispetto ad altri videoclip, ma hai dieci volte meno soldi di quelli che hai per la pubblicità. Considerato che una pubblicità mediamente dura 30 secondi e un videoclip da 3 a 5 minuti, capisci bene che hai un sacco di problemi. Però contemporaneamente, generalmente hai molte più libertà, molta più possibilità di metterti in gioco. Fatto salvo il momento in cui arrivano le multinazionali. Allora li hai tutte le rotture di scatole standard della pubblicità, senza i soldi della pubblicità, per cui... Io in realtà non faccio più i video per gli artisti grossi. L'ultimo che ho fatto è stato l'anno scorso per Zucchero, col quale abbiamo avuto un rapporto molto piacevole, molto privilegiato e molto libero. Faccio solo i video dei gruppi piccoli, indipendenti, con cui siamo amici, perché è un banco di prova per tutti. Una faticaccia mostruosa ma un banco di prova. La pubblicità ha delle regole molto precise anche di comportamento. Una volta che queste regole le hai imparate, e non sono difficili, sono dolorose da imparare a volte, ma non sono difficili, è un gran parco dei divertimenti in qualche modo, dove non devi mai perdere la rotta, devi sempre essere estremamente concreto ed efficace e questa secondo me è una grandissima scuola anche pensando in prospettiva al cinema. Puoi sperimentare tanto, perché comunque io ho avuto la possibilità, in dieci anni di onorata carriera in pubblicità, di fare il film comico, il film di avventura, il film sexy, il film drammatico, il film con i botti in macchina, il film con gli elicotteri, il film con gli effetti speciali, il film con i dinosauri, il film di guerra. Tutte cose che se avessi dovuto farle in cinema dovrei avere 107 anni e avrei speso, o meglio, fatto spendere milioni di miliardi. Poi certo, lo racconti mentre racconti dell'automobile, della pummarola e così via, però... A parte che secondo me oggi la pubblicità è talmente ovunque che qualsiasi cosa è sponsorizzata... Io quasi quasi trovo estremamente più chiaro e positivo uno spot che ti dichiara il suo status di messaggio pubblicitario, piuttosto che andare a un concerto e poi scoprire che è sponsorizzato da tizio, o che invece hai preso un caffè che era offerto da Caio. È ovunque, marchi dappertutto. La pubblicità te lo dice. Questo è il break pubblicitario. Se non lo vuoi stacchi, sennò questa è réclame. Punto. Trovo che sia quasi più onesto.

W@H: Non so se nella pubblicità fai solo il regista o hai anche un ruolo nella parte di ideazione dello spot, però leggevo che non hai la patente...

AP: No, no. L'ho fatta due anni fa.

W@H: Allora non era aggiornata la pagina su mySpace. Però diciamo che c'è stato un periodo in cui facevi molte pubblicità per delle case automobilistiche ma non avevi la patente. Il fatto di non associare l'auto allo stress del dover stare in coda per ore con il volante in mano, ti aiutava ad essere....

AP: Enormemente. Si, si. Infatti adesso che ho la patente guido e voglio sempre guidare. Infatti i miei amici mi dicono "Guida tu che io ne ho piene le scatole. Odio guidare da decenni". Io in pubblicità in realtà faccio "solo" il regista, nel senso che al regista non viene chiesto di creare l'idea. Viene chiesto di darle vita. Per cui si, ovviamente ci intervengo, non è soltanto una mera esecuzione. In realtà tutte le pubblicità di automobili che ho fatto non sono scritte da me. Però a me piacciono molto le macchine come oggetti. Non sono minimamente fanatico di macchine. Ho una macchina familiare per metterci dentro i bambini, i passeggini, le valige, ecc, che va piano perché ho paura ad andare forte. Per il resto sicuramente non aver avuto la macchina nei periodi di grande attività automobilistica era un vantaggio, perché me le gustavo tutte dal sedile del passeggero. Diciamo così.

W@H: Prima dicevi che cerchi di sceglierti con chi lavorare per i videoclip. Ma ti è mai capitato di dover fare un video di una canzone che non ti piace? E se te lo proponessero riusciresti a girarlo?

AP: Essendo come hai detto tu una diversa forma di pubblicità, ovviamente, il videoclip in minimissima parte è anche un discorso economico e di lavoro. Io non ho mai fatto un video di una canzone che non mi piaceva. Per dirti, quando è arrivata la telefonata di Zucchero, snobisticamente io non volevo farlo perché di base non mi piace la roba che fa. Poi ho sentito la canzone che invece secondo me è molto bella, a prescindere che è una canzone di Zucchero, ma siccome io sto cercando da molti anni oramai di uscire di nuovo dalle scatole, per cui se un artista che non mi piace fa una bella canzone sono contento che sia una bella canzone e la ascolto volentieri. L'artista non mi piace e non mi compro tutto il disco, poi insomma oggi vai su iTunes[4] e ti compri solo la canzone. Non so. Se mi chiama Madonna e il pezzo mi fa schifo, lo faccio il video. Però se mi chiama un gruppo anche italiano grosso, o un cantante, e non mi piace il video e non c'è un tornaconto enorme o di prestigio o economico, non lo faccio. È difficilissimo perché poi hai veramente a che fare con la creatività tua, del cantante, ecc. e se non sei in sintonia è un casino.

W@H: Rischi di rovinare il tuo lavoro e il suo.

AP: Si, rischi di rovinare tutti e due ed è un casino.

W@H: Non so se è giusto dire che hai un passato da musicista o che sei un musicista.

AP: Sono stato.

W@H: Hai fatto da session-man e avevi un tuo gruppo, gli Ottantottotasti. Per cui volevo sapere qualcosa su questa parte della tua carriera. Se ti fosse stata data la possibilità di scegliere, del tipo avrai successo o come regista o come musicista. Quale avresti scelto?

AP: Ma guarda, una delle cose divertenti del fare i videoclip è quella di frequentare i musicisti. Uno dei gruppi con cui lavoro di più sono Giuliano Palma & the Bluebeaters, che sono un gruppo favoloso, lavorano benissimo ecc. Io ho fatto sette videoclip con loro, per cui sono stato diverse volte in tournée con loro. Loro sono bravi, lavorano bene, vendono un sacco di dischi, è sempre pieno ai concerti. Sono agevolati oramai, perché c'è tutta una organizzazione dietro ecc, ma non scambierei un giorno della loro vita con uno della mia adesso. Trovo che per fare i musicisti devi avere veramente una tempra che io non ho. Per cui noi siamo molto divertiti per i dieci anni in cui abbiamo suonato e io sono molto felice che la cosa sia andata così. Non è stato un dolore smettere di fare il musicista anzi. Devo dire che in realtà fare la pubblicità, i videoclip e il cinema ti consentono comunque di stare in giro di far caciara, che poi è il lato più divertente secondo me del fare il musicista, però non comporta secondo me le sofferenze, le frustrazioni, e le rinunce e i patti che devi fare facendo il musicista. Credo che sia di tutto l'arco dei mestieri artistici, in assoluto il più difficile, il più frustrante e il più doloroso. Poi è chiaro che hai a che fare con una cosa che è impalpabile, che è la musica, che non esiste a tutti gli effetti. Cioè la musica è scritta su carta ma quello che c'è sulla carta non è la musica. È nello stereo, ma quello che c'è nello stereo non è la musica, perché se lo spegni non c'è più. È dal vivo? Certo si, però contemporaneamente non è solo quello. È una cosa molto complicata. È molto doloroso, cioè il 99% dei musicisti è costretto a fare compromessi su ciò che più amano fare e sostanzialmente sul loro modo personale di esprimersi. È un compromesso molto doloroso secondo me. Sono molto felice di non essere più un musicista. Me la godo, vado volentieri ai concerti, faccio volentieri qualche serata con gli amici, ma sono molto felice di non essere un musicista.

W@H: Ora c'è la parte istituzionale, nel senso che essendo un'intervista per Wiki@Home ti chiedo. Conosci Wikipedia o Wikinews o progetti simili? Li usi? Ci hai mai scritto?

AP: No perché non mi ritengo all'altezza. Comunque si conosco Wikipedia e la uso spessissimo. Stavo guardando prima un articolo sull'aurora boreale.

W@H: Conosci invece l'open source e le varie licenze libere?

AP: Sono troppo vecchio. Faccio fatica a fare la pagina di You Tube che abbiamo creato per il sito. Quando devo aggiornarla faccio fatica, non sono più agile come una volta con il software. Me ne frega molto di meno devo dire.

W@H: Io parlavo più che altro del tipo di licenza.

AP: AH no, trovo geniale la roba di Wikipedia, che chiunque può aggiornarla. La trovo una roba meravigliosa.

W@H: Anche il fatto che chiunque può prenderne i contenuti stamparseli e venderli se ci riesce?

AP: Davvero, lo trovo meraviglioso. Io metterei il mio film sul web domani mattina. Era uno dei progetti che avevo in mente, ma sono stato stoppato dalla distribuzione che mi ha detto "Se lo fai sei pazzo e noi non te lo distribuiamo più" Per cui ho deciso di aspettare. Ma secondo me per esempio il cinema oggi dovrebbe essere distribuito su tutti i media in contemporanea. Cioè ovviamente la sala, ma anche l'home video, ma anche la pay per view e Internet. Assolutamente. Cioè, quello che hanno fatto i Radiohead è secondo me quello che bisogna fare.

W@H: Adesso comunque i tempi si sono molto abbreviati.

AP: Si i tempi sono brevissimi

W@H: Perché dall'uscita in sala all'home video...

AP: Si. Esce a gennaio in sala a marzo in home video e ad aprile in pay per view. Perché non può uscire contemporaneamente? È uguale. Allarghi solo il bacino di utenza. Puoi beneficiare di più soldi perché fai tutte le campagne in un colpo solo. Secondo me non ha senso fare diversamente. Trovo che quello che hanno fatto i Radiohead sia quello che assolutamente bisognerebbe fare nel futuro. Spero che si cominci a fare. Volevo provarci con il nostro film, non me lo hanno fatto fare. Proverò con il prossimo.

W@H: Forse sono cose che puoi fare quando sei i Radiohead. O quando vorresti diventare i Radiohead.

AP: Però capisci che io non sono i Radiohead, però il mio cast sono i Radiohead in qualche modo. Cioè tu promuovi in questo modo un film con dentro almeno cinque attori che sono tra le star più grosse in Italia. Allora li si che fai un caso. È chiaro che se metti su Internet un film con me e te, girato qua dentro, chi se ne frega? Però se metti su Internet un film con Raul Bova, la Gerini, Garko, Incontrada, Santamaria, e chi più ne ha più ne metta, allora diventa un caso.

W@H: Invece ti è mai capitato, magari su YouTube, di trovare qualcosa per cui hai pensato "Ah, bella idea"?

AP: Ho appena visto una cosa geniale di un ragazzo che ha fatto un tutorial di Final Cut Pro rappato.[5] Non potete capire che capolavoro è. Si, si c'è un sacco di roba divertente su Internet.

Approfondimenti[modifica]

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Questa intervista esclusiva riporta notizie di prima mano da parte di uno dei membri di Wikinotizie. Vedi la pagina di discussione per avere maggiori dettagli.


  1. [http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=55370 Recensione su MyMovies.it
  2. Motel Italia, Corriere.it
  3. http://www.aspettandoilsole.it/
  4. http://www.apple.com/it/itunes/
  5. Final Cut Rap - Mec Namara su YouTube