Italia riforma del TFR 2005

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24 novembre 2005

Riforma del TFR[modifica]

La riforma del trattamento di fine rapporto (TFR) scatterà dal 1º gennaio 2008 (dal 1º gennaio 2009 per i dipendenti delle aziende con meno di 20 addetti). I lavoratori avranno due anni (o tre) per decidere se mantenere il TFR in azienda o se conferirlo in un fondo pensione.
Se il dipendente vorrà mantenerlo in azienda, dovrà comunicarlo espressamente al datore di lavoro entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge stessa (1 luglio 2008 o 1 luglio 2009). Se sceglierà di trasferire il TFR, potrà farlo in un fondo chiuso (quelli di categoria previsti da accordi e contratti collettivi) o in un fondo aperto (individuato da azienda e lavoratori) o in un piano individuale pensionistico (PIP).
Nel caso in cui il dipendente no comunichi le sue intenzioni la liquidazione sarà conferita al fondo pensione degli accordi collettivi, salvo accordi diversi con le rappresentanze dei lavoratori. Se non esistono accordi specifici, la liquidazione andrà nel fondo a cui aderirà il maggior numero di lavoratori dell'azienda. Nei casi rimanenti, la liquidazione andrà in un fondo INPS sottoposto ad un trattamento simile agli altri. Nel caso in cui il fondo pensione preveda investimenti con rischi differenziati, la liquidazione del dipendente che non ha dichiarato la sua volontà finirà in quella più prudenziale.
La contribuzione a carico dell'azienda è prevista solo nella scelta di fondi chiusi o aperti, non per le polizze individuali.
Per poter conferire la propria quota e quella a carico dell'azienda in un fondo, il lavoratore dovrà iscriversi espressamente al fondo stesso.

La liquidazione maturata conserva comunque il regime attuale.

Per tutti i casi di conferimento del TFR esistono commissioni su base annua sul capitale gestito:

  • 0,4-0,5%, fondi chiusi
  • 1,4-1,5%, fondi aperti
  • 3-4%, polizze individuali.

Nei primi tre anni dalla stipula di polizze individuali, i costi di gestione possono arrivare ad un terzo di quanto versato, al fine di remunerare la struttura e l'operatività, incidendo sulla parte destinata all'investimento.

La decisione del Consiglio dei Ministri chiude con un compromesso un lungo braccio di ferro da Roberto Maroni, l'UDC ed alcuni esponenti di Forza Italia. Sulla riforma, si sono astenuti i tre ministri di Forza Italia: Enrico La Loggia, Gianfranco Miccichè e Giuseppe Pisanu.
L'accordo è ben accolto da Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Confindustria, e dalle società assicurative, che sperano in ulteriori aggiustiamenti dell'ultima ora.
Lo slittamento ha trovato invece l'opposizione dei sindacati e del centro sinistra.

Il rinvio porta alla Finanziaria 620 milioni di euro, ovvero il fondo necessario per la riforma, che saranno probabilmente dirottati sulla totalizzazione dei contributi previdenziali.

Fonti[modifica]

  • Corriere della Sera, 25 novembre 2005