USA, elezioni di medio termine: i Repubblicani perdono anche il Senato
9 novembre 2006 WASHINGTON D.C. (USA). Thump (bastonata) l’ha chiamato, George W. Bush, il risultato delle elezioni di medio termine tenutesi negli Stati Uniti lo scorso 7 novembre. E infatti il risultato elettorale ha assunto, per il presidente ormai sempre più isolato, e per il Partito Repubblicano, i contorni d’una vera e propria debâcle: già perso il controllo della Camera da ieri, e persi 6 governatori (adesso i Democratici guidano 28 Stati dell’Unione su 50), i Repubblicani sono andati sotto anche al Senato, in base ai conteggi: 49 sono i senatori Repubblicani, contro 49 Democratici e 2 indipendenti, questi ultimi storicamente sempre schierati con il partito dell’Asinello (il simbolo repubblicano è, invece, un elefante). I Democratici riacquistano così il controllo completo dei due rami del Congresso degli Stati Uniti d'America, cosa che non succedeva dal 1992. Non è la prima volta che il presidente si trova a dover fronteggiare una maggioranza opposta al Congresso: Ronald Reagan, repubblicano, fu al potere con un Congresso interamente democratico, e Bill Clinton, democratico, al contrario dovette fronteggiare un Congresso repubblicano. Non si tratta quindi di una situazione insolita per un presidente, ma la conflittualità e le prese di posizione radicali assunte dall’amministrazione Bush daranno verosimilmente vita a uno scenario in cui la maggioranza Democratica al Congresso sarà particolarmente agguerrita, soprattutto riguardo ad alcuni argomenti di stringente attualità, come la politica estera e le guerre preventive in Medio Oriente, e le politiche di assistenza sanitaria e di protezione civile per quanto riguarda gli affari interni.
RUMSFELD DIMESSO. Come spesso accade dopo un tracollo elettorale, il personaggio più in vista di un’amministrazione viene sacrificato. È il caso di Donald Rumsfeld, tra gli ideologi della politica neo-con degli ultimi anni della presidenza Bush, ufficialmente dimessosi nel day after repubblicano, ma - secondo alcuni - invitato a sgombrare il campo per evitare sia di zavorrare ulteriormente l’inquilino della Casa Bianca che di affossare definitivamente le speranze residue dei Repubblicani di aspirare alla presidenza anche nel 2008, quando Bush sarà diventato ineleggibile per scadenza del suo secondo mandato. Al posto di Rumsfeld viene chiamato Robert Gates, già direttore della CIA ai tempi di Bush padre e personaggio ritenuto molto pragmatico. Il voto del 7 novembre ha, infatti, sancito una solenne bocciatura dei neo-con e del loro laboratorio politico: l’idea - molto diffusa negli ambienti della destra cristiana USA - di voler giustificare l’azione degli Stati Uniti nel mondo alla luce di un disegno superiore preordinato, alla lunga ha mostrato tutte le sue contraddizioni, specie dopo le oggettive difficoltà sorte dopo l’invasione dell’Iraq, il rovesciamento di Saddam Hussein e l’ancora al di là da venire ritorno a una situazione politica e civile stabile in quel Paese. Il primo problema di Bush - che dal 3 gennaio 2007 avrà a che fare con un nuovo Congresso che sicuramente userà tutti i poteri ispettivi e di controllo a disposizione per passare al setaccio qualsiasi atto della sua amministrazione - sarà trovare una via politica d’uscita all’impasse - Iraq: finora, tutti i governi che hanno avuto a che fare con la presenza militare in quel Paese sono caduti, su tutti Spagna e Italia, che hanno visto il cambio da una guida di centro-destra a una di centro-sinistra. Quanto alla Gran Bretagna, anche il Laburista Tony Blair ha visto erodere i consensi in maniera sensibile, e solo l’inconsistenza della controparte Conservatrice ha fatto sì che gli ultimi test elettorali britannici non si risolvessero in un tracollo laburista.
I governatori
6 amministrazioni Statali dell’Unione su 36 hanno cambiato colore politico, e in tutti e sei i casi si tratta di passaggio dal partito Repubblicano a quello Democratico. Nelle rimanenti 30 amministrazioni è stato confermato il governatore uscente o, quantomeno, il partito del nuovo governatore non è cambiato. Questo il dettaglio (R = Repubblicano, D = Democratico. In corsivo tra parentesi il governatore uscente).
- R - Alabama: Rob Riley (confermato)
- R - Alaska: Sarah H. Palin (Frank Murkosvki, R)
- D - Arizona: Janet Napolitano (confermata)
- D - Arkansas: Mike Beebe (Mike Huckabee, R)
- R - California: Arnold Schwarzenegger (confermato)
- D - Colorado: Bill Ritter (Bill Owens, R)
- R - Connecticut: Jodi Rell (confermata)
- R - Florida: Charlie Crist (Jeb Bush, R)
- R - Georgia: Sonny Perdue (confermato)
- R - Hawaii: Linda Lingle (confermata)
- D - Kansas: Kathleen Sebelius (confermata)
- R - Idaho: C. L. Butch Otter (Jim Risch, R)
- D - Illinois: Rod Blagojevich (confermato)
- D - Iowa: Chet Culver (Tom Vilsak, D)
- D - Massachusetts: Deval Patrick (Mitt Romney, R)
- D - Maine: John Baldacci (confermato)
- D - Maryland: Martin O’Malley (Robert Ehrlich, R)
- D - Michigan: Jennifer Granholm (confermata)
- R - Minnesota: Tim Pawlenty (confermato)
- R - Nebraska: Dave Heinemann (confermato)
- R - Nevada: Jim Gibbons (Kenny Guinn, R)
- D - New Hampshire: John Lynch (confermato)
- D - New Mexico: Bill Richardson D (confermato)
- D - New York: Eliot Spitzer (George Pataki, R)
- D - Ohio: Ted Strickland (Bob Taft, R)
- D - Oklahoma: Brad Henry (confermato)
- D - Oregon: Ted Kulongoski (confermato)
- D - Pennsylvania: Ed Rendell (confermato)
- R - Rhode Island: Donald Carcieri (confermato)
- R - South Carolina: Mark Sanford (confermato)
- R - South Dakota: Mike Rounds (confermato)
- D - Tennessee: Phil Bredesen (confermato)
- R - Texas: Rick Perry (confermato)
- R - Vermont: Jim Douglas (confermato)
- D - Wisconsin: Jim Doyle (confermato)
- D - Wyoming: Dave Freudenthal (confermato)
Fonti
- «I democratici vincono anche in Virginia. Il senatore Allen sconfitto per oltre 7.000 voti» – la Repubblica, 9 novembre 2006.
- «Bush: “Donald Rumsfeld si è dimesso, ma in Iraq continueremo il nostro lavoro”» – la Repubblica, 9 novembre 2006.
- Vittorio Zucconi. «Il rodeo di George W. Bush, la frustrazione dello sconfitto» – la Repubblica, 9 novembre 2006.
- «I democratici conquistano Camera e Senato» – Corriere della Sera, 9 novembre 2006.
- «Donald Rumsfeld si è dimesso» – Corriere della Sera, 9 novembre 2006.
- John M. Broder e Ian Urbina. «All Eyes Turn to Virginia Senate Race» – The New York Times, 9 novembre 2006.
- Julian Borger «The cost of war: Rumsfeld ousted in US poll fallout» – The Guardian, 9 novembre 2006.