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Attacco alla nave Valdarno

Da Wikinotizie, le notizie a contenuto aperto

mercoledì 18 gennaio 2012

Un nuovo attacco da parte di pirati somali si è registrato il 15 gennaio 2012 alla cisterna italiana Valdarno[1], sventato da una squadra della Marina Militare italiana dopo che l'equipaggio aveva dato l'allarme via radio e si era rifugiato nella cittadella (il locale blindato della nave) in attesa dei soccorsi. La fregata Grecale ha inviato immediatamente il suo elicottero di bordo, e raggiunta la nave l'ha abbordata fermando poi un dhow ed arrestando un totale di 21 pirati, 10 yemeniti e 11 somali[2].

Nonostante il grande dispiegamento di forze da parte delle varie marine nazionali interessate, il fenomeno è molto diffuso e nel corso del 2009 si è spostato verso le acque più profonde, minacciando navi a centinaia di km al largo delle coste somale[3]. Fino al 24 marzo 2010, nessun pirata era mai stato ucciso da equipaggi delle navi attaccate, che sempre più spesso imbarcano guardie private ma che fino ad ora avevano sempre usato armi non letali al solo scopo di deterrenza. In tale data, guardie a bordo della MV Almezaan, un cargo con bandiera panamense ma con proprietà negli Emirati Arabi Uniti hanno reagito con successo ad un attacco e successivamente allertato una nave di pattuglia nella zona, il cui elicottero ha trovato l'imbarcazione attaccante con sette uomini a bordo, uno dei quali ucciso dal fuoco di armi leggere[3]. Un portavoce della forza navale dell'UE ha dichiarato una preoccupazione per la possibile recrudescenza degli attacchi, che fino ad ora hanno fatto un solo morto tra gli equipaggi delle centinaia di navi abbordate[3].

L'8 febbraio 2011 la petroliera italiana Savina Ceylin da 105.000 t è stata sequestrata da pirati somali 500 miglia al largo delle coste africane, a metà strada con la costa indiana[4]. La nave è stata rilasciata solo a fine dicembre 2011. Il 27 dicembre è stata sequestrata la nave Enrico Ievoli[5].

Operazione Ocean Shield

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L’Operazione Ocean Shield è il contributo della NATO agli sforzi internazionali posti in essere per reprimere il fenomeno della pirateria al largo del Corno d'Africa, mediante la presenza dei gruppi navali SNMG1 SNMG2 che si alternano in Oceano Indiano dalla fine del 2008. La Marina Militare Italiana assicura la continua partecipazione di una propria unità navale allo SNMG2.

In seguito alle decisioni assunte dai Ministri della Difesa della NATO il 9 ottobre 2008, lo SNMG2 il 15 ottobre inizia il trasferimento dal Mediterraneo verso l’Oceano Indiano per assicurare il regolare flusso in Somalia degli aiuti umanitari del World Food Programme (WFP), il programma alimentare delle Nazioni Unite, attraverso la scorta dei mercantili interessati e, al contempo, svolgere attività anti-pirateria davanti alle coste somale, dando così inizio all’Operazione “Allied Provider”, che si evolve prima nell’Operazione “Allied Protector” e successivamente nell’Operazione “Ocean Shield”.

L'impegno italiano

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L'impegno italiano nella lotta alla pirateria è iniziata con la partecipazione dal 20 ottobre al 15 dicembre 2008 del cacciatorpediniere Durand de la Penne, cui ha fatto seguito in ambito SNMG2 la partecipazione della fregata Libeccio che vi ha preso parte nel periodo giugno/dicembre 2009, prima nell'ambito di NATO "Allied Protector" dal 29 giugno al 18 agosto e da questa data in ambito NATO "Ocean Shield" fino al 14 dicembre, che nel corso della missione ha percorso oltre 40000 miglia, sventando tre attacchi di pirati verso navi mercantili e soccorrendo un peschereccio somalo alla deriva con tre persone a bordo. Nell'ambito di NATO "Ocean Shield" hanno fatto seguito le partecipazioni della fregata Scirocco dal 12 marzo 2010 al 17 giugno 2010 in ambito SNMG2 e dai 1º ottobre 2010 del pattugliatore Bersagliere in ambito SNMG1.

L'impegno italiano alla lotta alla pirateria vede anche la partecipazione della Marina Militare alla Operazione Atalanta guidata dell’Unione Europea.

Profilo

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Pirati somali armati di fucili d'assalto AKM, lanciagranate RPG-7 e pistole semi-automatiche.

La maggior parte dei pirati ha tra i 20 e i 35 anni e proviene dalla regione del Puntland, nel nord-est della Somalia. L'East African Seafarers Association stima che ci siano almeno cinque bande di pirati e un totale di 1.000 uomini armati.[6] Secondo un rapporto della BBC, i pirati possono essere suddivisi in tre categorie principali:

  • pescatori, considerati il cervello delle operazioni dei pirati grazie alla loro abilità e alla profonda conoscenza del mare. Molti di essi pensano che le barche straniere non abbiano diritto di navigazione vicino alla riva.
  • Ex-miliziani che in precedenza hanno combattuto per i signori della guerra dei clan locali, o ex-militari dell'ex governo di Siad Barre.
  • Esperti tecnici, che operano con attrezzature anche sofisticate quali dispositivi GPS.[7]

Molti membri dei gruppi di pirati del Puntland hanno ricevuto una accurata formazione sull'utilizzo delle armi, dei motori delle navi e della navigazione in generale da diverse compagnie di sicurezza occidentali, come la Som Can, che sono state assunte dal governo del Puntland. Esse hanno inizialmente insegnato ai locali come proteggere i pescatori e sono state anche autorizzate dal governo a vendere licenze di pesca per i pescatori stranieri. Tutte le aziende sono andate in bancarotta o sono state costrette ad abbandonare lasciando molti marinai qualificati senza occupazione; molti di questi hanno poi formato il nucleo dei gruppi di pirati. Secondo Globalsecurity.org, ci sono quattro gruppi principali che operano al largo delle coste somale. La National Volunteer Coast Guard, comandata dal Garaad Mohamed, specializzata nell'intercettare piccole imbarcazioni e navi da pesca intorno a Kismayo sulla costa meridionale. Il gruppo di Marka, sotto il comando di Yusuf Mohammed Siad Inda'ade, è costituito da diversi gruppi sparsi e meno organizzati che operano intorno alla città di Marka. Il terzo gruppo significativo è composto da tradizionali pescatori somali che operano in tutto il Puntland e si riferiscono al Gruppo di Puntland. L'ultimo gruppo è costituito dai cosiddetti "marines somali" (Somali Marines), noto per essere il più potente e sofisticato dei gruppi di pirati potendo contare su una struttura militare, un ammiraglio della flotta, un ammiraglio, un vice-ammiraglio e un capo delle operazioni finanziarie.[8]

L'attacco tipico dei pirati somali è stato analizzato[9] e mostra che, anche se gli attacchi possono avvenire in qualsiasi momento, la maggior parte di essi si verifica durante il giorno, spesso nelle prime ore. L'attacco inizia con piccole ed agili barche che possono raggiungere una velocità massima di 25 nodi. Con l'aiuto di imbarcazioni d'appoggio, che includono barche da pesca e imbarcazioni mercantili precedentemente catturate, il raggio di azione dei pirati è aumentato di gran lunga fino ad estendersi all'Oceano Indiano. Una nave attaccata viene affrontata di fianco o da poppa, e sono usate armi di piccolo calibro per intimidire l'operatore di macchina affinché rallenti e consenta l'attracco. Vengono utilizzate scale pieghevoli per salire a bordo, poi i pirati cercano di ottenere il controllo del ponte per prendere il controllo operativo della nave.[9]

Il termine somalo più vicino al significato di "pirata" è burcad badeed, che significa letteralmente "ladro dell'oceano". Ma i pirati stessi preferiscono essere chiamati badaadinta badah, o "salvatori del mare",[10] sostenendo che le loro azioni vengono messe in pratica per la difesa delle acque territoriali somale.

Fonti

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  1. Pirati sparano contro motonave italiana - Attacco sventato al largo dell'Oman. URL consultato il 18 gennaio 2012.
  2. Fregata italiana salva un mercantile dall'attacco dei pirati - La nave militare "Grecale" ha impedito l'abbordaggio della motonave "Valdarno" nel Mar Arabico. URL consultato il 18 gennaio 2012.
  3. 3,0 3,1 3,2 "Private Guards Kill Pirate for 1st Time", Military.com, 24 marzo 2010
  4. Oceano Indiano, sequestro nave italiana, accesso 8 febbraio 2011.
  5. Pirati: Ievoli, nessun contatto da nave a compagnia MARNAVI. 29 dicembre 2011.
  6. [EN] Xan Rice. Glendinning, Lee. «Pirates anchor hijacked supertanker off Somalia coast», Guardian, 18 novembre 2008. URL consultato in data 19 novembre 2008.
  7. [EN] Robyn Hunter. «Somali pirates living the high life», BBC, 28 ottobre 2008. URL consultato in data 20 novembre 2008.
  8. Global Security.org
  9. 9,0 9,1 [EN] Consortium of international organizations, BMP3 Best Management Practice 3.Piracy off the Coast of Somalia and Arabian Sea Area, Witherby Seamanship International, London, June 2010. ISBN 9781856093972 URL consultato il 25 gennaio 2010.
  10. [EN] Jay Bahadur. Somali pirate: 'We're not murderers... we just attack ships'. The Guardian (UK), 24 maggio 2011.