La giornata politica: la lettera di Berlusconi e le contestazioni

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mercoledì 18 giugno 2008 Lunedì scorso il premier Silvio Berlusconi ha inviato una lettera a Renato Schifani, in qualità di Presidente del Senato, in cui ha spiegato la sua posizione in merito del ddl sicurezza, e in particolare parlando dell'emendamento in cui si stabilisce la sospensione dei processi di un anno per tutti i reati di 'minore allarme sociale' (pene inferiori ai 10 anni e commessi prima del 2002), e a suo dire, questa sospensione gioverà alla magistratura per trattare i reati più recenti con priorità per i più gravi, e nel frattempo consentire a governo e Parlamento di porre in essere le riforme strutturali per accelerare i processi penali, sia pure nel pieno rispetto delle garanzie costituzionali.

Il premier ha scritto anche che «I miei legali mi hanno informato che tale previsione normativa sarebbe applicabile ad uno fra i molti fantasiosi processi che magistrati di estrema sinistra hanno intentato contro di me per fini di lotta politica». E che avendo preso piena visione della situazione processuale ha «potuto constatare che si tratta dell'ennesimo stupefacente tentativo di un sostituto pm milanese per utilizzare la giustizia a fini mediatici e politici», beninteso grazie al supporto di un tribunale politicizzato e orientato favorevolmente verso l'accusa.

Dopo di che Berlusconi ha ricordato che ricuserà la presidente del collegio per le sue pubbliche e ripetute dichiarazioni in cui lei ha accusato il premier di avere determinato atti legislativi a lui favorevoli (nda. legge sul falso in bilancio, che gli ha comportato almeno 2 casi di proscioglimento perché 'il fatto non costituisce più reato'). Ha poi considerato di 'pubblica utilità' l'emendamento relativo alla sospensione dei processi 'meno gravi'. Anche perché sarebbe applicabile non soltanto a lui, «ingiustamente e incredibilmente coinvolto» nel processo (quello in cui compare anche l'avvocato David Mills). E poi continua dicendo che questa situazione di persecuzioni giudiziarie «non ha eguali nel mondo occidentale' e che lui è 'stato aggredito con infiniti processi e migliaia di udienze', per cui è bene introdurre quella norma 'di civilità giuridica' che sospende i processi per le alte cariche dello Stato e degli organi costituzionali. Informando al dunque che avrebbe proposto al Consiglio dei Ministri un parare favorevole all'emendamento 'in oggetto' per poi presentare un disegno di legge onde evitare l'uso della giustizia contro «chi è impegnato ai più alti livelli istituzionali nel servizio dello Stato'.

In buona sostanza quanto sopra significa che Berlusconi ha ricusato la pm Nicoletta Gandus davanti a cui è imputato, assieme a Mills, di corruzione in atti giudiziari.

Il clima politico era già incandescente anche prima che questa lettera, letta da vari telegiornali in maniera completa lunedì scorso, sia stata resa pubblica. In sostanza Berlusconi ha accusato i giudici di Milano di attacchi strumentali con l'uso della giustizia come arma politica a suo discapito, ha ricusato la pm, e ha ventilato la riproposizione del Lodo Schifani.

Le reazioni non sono mancate, e non solo a livello politico. Il Comitato di Presidenza del CSM ha deciso di aprire una pratica per tutelare il pm accusato da Berlusconi, ma oltre a questo al Senato il mattino dopo la discussione è divampata aspra e dura tra governo e opposizione. I cartelli in aula esposti parlavano testualmente di impunità per il premier, tolleranza zero per gli altri. Emma Bonino ha presentato una richiesta di 'non passaggio al voto' degli articoli contenuti nel ddl perché: «Questo decreto non è lo stesso di cui hanno discusso le commissioni e che è stato firmato dal presidente della Repubblica. In esso, surrettiziamente, sono state introdotte norme che sono totalmente estranee alle materia della sicurezza».

Il voto finale è atteso per il prossimo martedì mattina dopo la decisione dei capigruppo del Senato. Anna Finocchiaro, capogruppo del Partito Democratico al Senato, ha rilasciato una dichiarazione sconcertata: «Mai in maniera così esplicita Berlusconi aveva dichiarato la sua volontà di intimidire la giustizia e la magistratura italiana.. trovo irrispettosa e pericolosa la presentazione di questi emendamenti che con il decreto sicurezza niente hanno a che fare e trovo sinceramente pauroso che da tutta la maggioranza non si levi una voce autonoma a difesa delle regole».

Nel frattempo altre opinioni sono state espresse dal presidente del Tribunale di Roma, Paolo del Fiore: «è una norma incostituzionale perché viola il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale». E anche «violerebbe il principio della eguaglianza in quanto alcuni imputati saranno processati ed altri no in base ad un criterio irragionevole, quello del tempo».

Veltroni si dichiara sorpreso per la tracotanza del Cavaliere: «Le conclusioni le ha tratte Berlusconi che ha strappato la tela del dialogo possibile».

Antonio di Pietro ha pronunciato quelle che forse sono le parole più dure: «Berlusconi non conosce lo Stato di diritto e non vuole che sia applicata a sé la legge che vale per tutti i cittadini. Berlusconi è allergico alla giustizia: non è certamente un'uscita estemporanea: infatti prima provoca per cercare la reazione e poi trova il pretesto per ricusare il giudice naturale. Non è la prima volta che in prossimità del processo usa questa tattica». E la sua collega, la deputata dell'Italia dei Valori Silvana Mura ha trovato la lettera di Berlusconi sinistramente simile al discorso di Benito Mussolini sull'omicidio Giacomo Matteotti: «riporta alla mente le parole certamente più sinistre che risuonarono nell'aula di Montecitorio il 3 gennaio del 1925. A quelle parole, che respingevano le accuse sul delitto Matteotti, seguirono una serie di provvedimenti eccezionali poi le leggi fascistissime, oggi siamo molto più fortunati, perché avremo a che fare solo con una serie di norme vergogna che danneggiano tutti per sistemare gli interessi di uno solo. il solito».

Sul suo blog di Pietro non è stato meno duro, parlando di come «Berlusconi sta portando avanti una strategia criminale studiata a tavolino. Passo dopo passo, il Presidente del Consiglio ha pensato a come potersi liberare dei giudici di Milano». Beppe Grillo non è stato da meno e anzitutto se l'é presa con Veltroni: «Quanti strappi alla Costituzione e alla legge sono necessari perché l’inciucio Veltrusconi salti? Ce lo dica Topo Gigio. Anzi, non dica più nulla, ci risparmi i suoi aggettivi da terzomondista, ma anche berlusconista e si dimetta». Paventa la fine della democrazia in Italia: «La legge sulle intercettazioni è la pietra tombale sulla democrazia». E lancia il suo V3 Day, stavolta sulla Giustizia. «Io non ci sto. Una legge, fatta per i fuorilegge, che va chiamata, in modo corretto, legge Silvio Berlusconi. Il prossimo V-Day sarà dedicato a questa legge» proponendo infine un referendum per l'abolizione della stessa, come vuole fare anche di Pietro.

In questo turbinio di dichiarazioni e contestazioni è sfuggita tuttavia un'altra questione: la class action. Lunedì Emma Marcegaglia aveva detto che questa legge, per come è strutturata, avrebbe danneggiato le imprese. Oggi si viene a sapere che Claudio Scajola, pur dichiarandosi favorevole al provvedimento, dice che c'è bisogno di qualche ritocco e quindi anziché entrare in vigore il 1 luglio di quest'anno dovrebbe essere rimandata al prossimo gennaio. Le associazioni consumatori hanno protestato vivamente, come il presidente del Codacons: «Siamo assolutamente contrari a qualsiasi rinvio dell'entrata in vigore della legge e ci opporremo a proroghe che appaiono palesemente ordinate dalle grandi imprese italiane guidate da Confindustria». Analoghe proteste da parte dell'Adoc il cui presidente commenta, tra l'altro: «Migliaia di consumatori hanno aderito alla class action promossa dall'Adoc contro gli editori per il caro-libri, e quasi altrettanti hanno aderito all'azione collettiva contro Telecom. Migliaia di cittadini che aspettano l'avvio del giudizio e che ora rischiano di veder di nuovo lesi i proprio diritti».

I Verdi, tramite il portavoce Bonelli hanno commentato: «Con il rinvio dell'entrata in vigore della class action l'esecutivo dice chiaramente agli italiani da che parte sta: non da quella dei cittadini ma da quella dei poteri forti». Ugualmente l'IdV ha protestato tramite il portavoce Massimo Donadi dicendo che: «Far slittare l'entrata in vigore della prima legge italiana sulla class action è sbagliato. Ancora una volta questo governo preferisce tutelare la casta e gli amici degli amici piuttosto che i cittadini», e continua affermando che il governo Berlusconi intenda proteggere chi commette reati pubblici ed economici.

Fonti[modifica]