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WikiAfrica intervista Cristina Ali Farah

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19 settembre 2007

Cristina Ali Farah

Il progetto WikiAfrica di Wikipedia ha incontrato e intervistato la scrittrice e poetessa italo-somala Cristina Ali Farah ad un workshop presso il Festivaletteratura di Mantova. Il suo intervento ha contribuito alla redazione della voce su Wikipedia inerente alla letteratura e all'oralità africana.

DomandaNel tuo nuovo romanzo “Madre Piccola” compaiono molte figure femminili. Quale legame sussiste tra le donne e l’oralità?
Scrivo di donne, perché scrivo ciò che conosco: il mondo femminile è la realtà a me più vicina. Il mio libro “Madre Piccola”, prende ispirazione dalle storie orali che per anni sono state raccontate in famiglia o che ho sentito al telefono, oltre che da una serie di testimonianze che ho raccolto attraverso delle interviste. Ascoltando e parlando con le donne del mio paese, sono divenuta a mia volta testimone di storie di separazioni e distacchi: i loro stati d’animo mi sono arrivati grazie alla voce di chi li ha raccontati. Ora io li restituisco al mondo attraverso la mia scrittura, che cerca di mantenere il ritmo e la corporeità della voce.
DI tuoi personaggi sono tutti protagonisti della “diaspora”, tutti cercano una nuova terra. Nasce da qui l’esigenza di scrivere le loro storie?
Si, perché i protagonisti della diaspora si sentono come “una collana incisa, in cui tutte le perle sono rimbalzate in più direzioni”. Con il mio romanzo e la mia scrittura, narro la storia di queste perle, quella delle tessere di un mosaico: il mio tentativo è fare in modo che le perle ritornino ad essere parte della stessa collana.
DTrascrivere un racconto, significa “fermare” la voce?
Sì, perché è una appropriazione e un processo creativo allo stesso tempo. La scrittura serve per fissare la presenza, per rendere eterno un linguaggio che diversamente, svanirebbe nel tempo. In questo processo di traduzione ho annullato me stessa per dare voce agli altri e permettere ai miei personaggi di raccontarsi. Il lavoro di scrittura è questo: riuscire a separarsi da quello che si scrive.
DTi senti una griot?
L’oralità, per l’Africa, sembra un marchio di fabbrica… I griot non parlano di sé…, proprio come faccio io. Narravano quello che succedeva e quindi divenivano cantori dell’esterno…sarebbe ambizioso pensare di esserne una. Oggi la scrittura è mercificata ed è difficile creare relazioni stabili tra scrittori e produttori: un tempo invece i griot riuscivano a tessere legami saldi con i governi dei vari Paesi.
DParlando di WikiAfrica, cosa ti colpisce di questo progetto?
Che è democratico, trasversale: in internet lo spazio e il tempo si annullano. Sul web si vive sempre nel presente: per me questa è una cosa fondamentale perché chi vive la diaspora, vive in un eterno passato, senza però riuscire a dargli una connotazione precisa. Il distacco dalle proprie radici pesa sulla vita delle persone, dandogli la sensazione di essere sempre in attesa che qualcosa accada, o cambi.
DQual è l’itinerario di Roma, che ispira di più le tue scritture?
Tutta Roma sa ispirare le mie scritture, nonostante sia una città difficile, caotica e spesso contraddittoria. Amo i luoghi di passaggio, le stazioni, ma anche i parchi. All’inizio, dopo il mio trasferimento, quando mi sentivo confusa e spaesata, spesso andavo a Villa Ada, Villa Panfili perché i loro spazi mi rasserenavano.

Fonti

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