Viaggio umanitario del CIS in Malawi-Zambia
sabato 18 giugno 2016
Tanzania, la partenza
[modifica]Oggi 20 Aprile siamo appena atterrati all’aeroporto di Dar Es Salaam in Tanzania. Caldo umido ma sopportabile grazie a un venticello primaverile. Piero, amico di famiglia di vecchia data, ingegnere bresciano, ha finalmente convinto la moglie, così ora può venire con noi! Prima sorpresa: all’uscita dall’aerostazione, padre Kimu, valente sacerdote che opera in missione in Malawi, vicino all’ospedale cui è destinata l’ambulanza, è già lì che ci aspetta per portarci dalle suore per l’alloggiamento, in attesa di sdoganare l’ambulanza spedita da Genova, come sempre grazie alla generosità della Messina. Dovremmo partire con quel mezzo da qui per arrivare dopo due mila chilometri a Mangochi nel sud del Malawi, in riva al bellissimo lago omonimo, dove lasceremo l’ambulanza su cui abbiamo caricato un eco cardiografo destinato all’ospedale di Kirundu in Zambia, defibrillatore ed elettrocardiografo per un ospedale di Kinshasa in Congo, diretto dal professor Leon. Oggi arriva l’amico Wolfgang, ingegnere di Vienna, anche lui neofita per questo tipo di viaggi. Due giorni dopo, superati i mille problemi doganali anche grazie a Kimu, usciamo dal caotico traffico della città con direzione ovest. Siamo rintracciati dalla dogana che ci avverte che non siamo sulla strada che loro avevano scelto per noi. Hanno messo un registratore sul mezzo, per non perderci mai di vista, prima di uscire dal loro Paese! Cosa già successa in Senegal.
In Tanzania le strade sono insicure per le numerose grosse buche, un temporale ci riduce la media oraria. Come in tutti gli stati anglofoni, si guida alla sinistra, gli autocarri ci superano a forte velocità. Wolf, da bravo asburgico, si attiene con scrupolo ai miei consigli di moderare la velocità. Il mezzo non è certo nuovo, ed è carico, inoltre non conosciamo la strada. Padre Kimu seduto dietro con me, legge, invia sms, telefona continuamente, scatta qualche rara foto. Piero è navigatore, ormai è come se conoscesse l’amico Wolf da tanti anni, da ingegneri si capiscono meglio, anche se lui non parlando inglese come Wolf, ha qualche difficoltà nel linguaggio che supera abilmente con gesti. Dopo due ore usciamo dalla città, in vicinanza dei centri abitati l’asfalto presenta piccole e insidiose dune, i dissuasori di velocità, molto alte. Prima multa per eccesso di velocità, Wolf ha superato di poco i cinquanta km orari! Prima tappa dai salesiani di Irunda dopo oltre 550 km. Arriviamo all’una e mezza di notte. Ci vengono a prendere per condurci alla missione, finalmente possiamo cenare e lavarci. Non avevamo pranzato perché eravamo partiti dopo mezzogiorno. Anche qui in Tanzania, le sorprese non mancano. A uno dei tanti posti di blocco, dobbiamo pagare l’ennesima multa perché in Tanzania è proibito viaggiare seduti nel retro dove c’è la barella! Stranezze di questi posti. Secondo giorno con un bellissimo tempo, in prossimità della frontiera teniamo il collegamento con radio Vallebelbo di Santo Stefano B. Il cronista Fabio ci rincuora affettuosamente.
Malawi
[modifica]Arriviamo in Malawi verso le ore 14,30, da dove ripartiremo poco prima delle venti. All'ufficio visti in un primo tempo, non accettano i nostri euro, alla banca locale non ci cambiano neppure gli euro in dollari. Dopo l’intervento di padre Kimu, cambiano parere, possiamo così fare il visto. Purtroppo le operazioni doganali sono lente. Pare che debbano prendere contatti con la dogana della capitale. Cerco in tutti i modi di sollecitare le pratiche perché vedo Piero e Wolf impazientirsi, non sono abituati a questi tempi africani. Nella serata raggiungiamo l’hotel, dopo cena non abbiamo problemi ad addormentarci. Al risveglio però, brutta sorpresa, l’ambulanza non vuole ripartire, eppure Wolf incaricato dei rifornimenti aveva sempre controllato tutto con scrupolo. Abbiamo scoperto una perdita d’olio dal motore, che ci è stata aggiustata per il momento da un bravo meccanico del posto. Terzo giorno di viaggio con arrivo nella capitale Lilongwe. In Malawi le strade sono migliori rispetto alla Tanzania, ci sembra che qui il tenore di vita sia più alto. La sera tappa dalle suore, della cui congregazione non ricordo il nome. Semplice ma gustosa cenetta, poi a nanna perché siamo stanchi. Domani dovremmo arrivare alla prima destinazione cioè la missione di padre Kimu. Pochi chilometri prima della missione lascio la guida al padre perché è ormai a casa sua! Padre Kimu però, che ha sempre evitato di guidare non volendosi misurare con ”esperti come noi”, ora guida ad alta velocità, anche se la strada ha enormi e frequenti buche.
L’accoglienza è festosa, la missione si presenta subito come l’avevamo immaginata, conoscendo il padre: è molto bella, organizzatissima, sembra un resort! Kimu qui ospita tanti bambini orfani cui dà istruzione, insegnamento di un mestiere, cure mediche e tanto amore. Avevamo già capito che il padre era un personaggio particolare, sempre pronto ad anticipare i nostri desideri, ogni nostro problema era risolto subito sul nascere, il tutto sempre condito da un largo e simpatico sorriso, non senza qualche battuta bergamasca. Bisogna sapere che padre Joseph Kimu, cinquant’ enne con un po’ di pancetta, dalla bella presenza, nato proprio lì in Malawi, da piccolo, grazie all’ adozione a distanza supportata da una coppia bergamasca senza figli, ha potuto crescere e studiare fino all’ ordinazione sacerdotale. Per alcuni anni ha anche vissuto a Bergamo. Ogni volta che Joseph torna in Italia, il suo primo pensiero è di andare al cimitero a trovare i suoi”genitori”. Le varie attività della missione sono rivolte al sociale, più che una missione, sembra un centro sociale aperto anche alle famiglie. In questo periodo la zona, che periodicamente soffre la siccità, ha subito una grave alluvione con diverse vittime. Kimu, con le donazioni, ha acquistato venticinque pompe d’acqua al costo di 200 euro l’una, le ha donate a famiglie di agricoltori per la coltivazione del mais, che qui assicura fino a tre raccolti l’anno.
Il giorno successivo, consegniamo le chiavi del mezzo, alle autorità dell’ospedale pubblico di Mangochi, visitiamo un villaggio per controllare oltre un centinaio di mamme e i loro piccoli di pochi mesi. Piero, Wolf ed io, aiutati da una valida infermiera raccogliamo i dati non prima di aver assistito a una festa danzante in nostro onore, cui partecipiamo direttamente. Il giorno dopo, Joseph pensa bene di farci rilassare sulle rive del lago Malawi. Specchio lacustre di oltre 800 chilometri di lunghezza sulle cui acque si affacciano anche la Tanzania e il Mozambico. In un sorridente villaggio lambito dalle acque, conosciamo un prete bergamasco don Mario, anche lui molto attivo nel sociale; organizza tournee di musica leggera in tutta Europa per raccogliere fondi per queste zone. La sera teniamo il collegamento con radio Veronica di Torino grazie a mio fratello Gian Carlo. La brava Stefania, come sempre, riesce a fare parlare i nostri cuori. Il mattino dopo applichiamo una protesi oculare a una bimba di cinque anni che ha perso l’occhio per un trauma durante un gioco. A pranzo ci commuoviamo leggendo la lettera di ringraziamento della mamma. Mia moglie Ivana con le figlie Barbara e Sara mi telefonano contente! Wolf mi ha detto che nella notte ha pianto, Piero entusiasta, riceve la telefonata dalla sua famiglia felice per l'evento, padre Kimu è al settimo cielo, come anche la mamma della piccola!
Il giorno della partenza, di prima mattina, altra applicazione di protesi oculare, ma a una ragazza adulta che dall'età di otto anni è completamente cieca da un occhio. Padre Kimu, circa dieci mesi prima, mi aveva chiesto se potessi fare qualche cosa per la bambina senza un occhio. La piccola Clara, così si chiama la bimba, non giocava più con le coetanee perché impaurite nel vederla con un occhio solo. Non volevo interessarmi del caso perché non essendo oculista, avevo paura di sbagliare. Una settimana prima della partenza, rintraccio al Gaslini il dottor Zannini cardiochirurgo, che mi mette in contatto con il primario oculista, dottor Capris, da qui arrivo alla signora Irene dell'Oftalmicairis che fabbrica le protesi. Tre giorni prima della partenza sono a Genova dalla signora che, sentite le motivazioni, decide di regalarmele, e di collaborare con noi, è un angelo! La sera prima di applicare le protesi non ho chiuso occhio, perché temevo di metterle male, storte, o peggio temevo che si staccassero poco dopo. La signora Irene mi ha tranquillizzato, tutto si è svolto al meglio. Ora dobbiamo portare l’ecocardiografo e altro materiale in Zambia. Non avendo più l’ambulanza ci facciamo prestare un pick up dal padre che ci dà anche autista con traduttrice. Purtroppo Wolfgang ci avverte che non verrà in Zambia con noi. Il lavoro lo sommerge. Ci dispiace molto perché abbiamo creato un bel gruppo insieme. Passando da Lilongwe lui prenderà il volo per Vienna, via Dubai. È stata una persona preparata, simpatica e generosa.
Zambia
[modifica]La sera tappa a Chipata cittadina in Zambia vicino alla frontiera. Anche qui alla frontiera i soliti problemi di soldi. Non accettano gli euro e neppure i dollari da poco cambiati, sono stati stampati prima del 2000! Dopo un’ora di discussioni troviamo chi ce li cambia ed otteniamo il visto. La sera siamo dalle suore che festeggiano una loro consorella destinata ad altra missione. È una bella festicciola, preparata con arte, ogni suora balla e canta, coinvolgendo anche noi. Il giorno successivo, a un posto di blocco della polizia, una graziosa ma antipatica ragazza vigile ci multa di trenta euro, perché nei sedili posteriori non siamo legati con la cintura. Nel primo pomeriggio arriviamo a Livingstone, ridente cittadina sullo Zambesi, base per la visita delle cascate Vittoria sul versante zambiano. Padre Joseph ci ha come sempre prenotato l’alloggiamento, saremo nei locali dell’arcivescovado. Nel pomeriggio visita delle cascate. Imponente spettacolo della natura che ci regala un’esperienza meravigliosa. La massa d’acqua dello Zambesi che precipita è enorme, il rumore è assordante, per l’enorme spruzzo non possiamo rimanere molto sulla terrazza prospiciente la cascata perché in pochi secondi siamo completamente bagnati. Anche il nostro autista è estasiato da tanta bellezza che tentiamo di fotografare, anche se abbiamo l’obiettivo bagnato. Il mattino successivo andiamo a Kirundo oltre 500 chilometri a sud-est.
Suor Erminia ci aspettava già dal giorno prima come le avevo scritto alla partenza dall'Italia. Il viaggio è lungo e pieno d’imprevisti. La suora m’invia un sms, si rammarica per il ritardo, dice che aveva già prenotato alcune visite cardiologiche per me. Il paesaggio è molto bello con saliscendi continui, vediamo solo traffico pesante, a una curva un grosso tir è capovolto sul ciglio della strada. Anche qui la gente sembra gentile, sovente ci saluta al passaggio. Le strade che stiamo percorrendo sono asfaltate bene, hanno corsie laterali per pedoni e biciclette. Molte case sono in muratura, anche qui come in Malawi il mezzo dominante è la bicicletta che trasporta nel sellino posteriore un’altra persona, sovente vestita con cura. A un posto di blocco i poliziotti dicono che dobbiamo pagare novanta euro di multa perché l’auto proveniente dal Malawi non è iscritta al Pra zambiano. Scendo a chiarire la cosa. Insistono perché paghiamo. Faccio presente all’ ufficiale più anziano che ha un’evidente cataratta ad un occhio che si potrebbe facilmente operare. Gli dico che stiamo portando a un loro ospedale apparecchiatura sanitaria, anzi gli faccio presente che, se ha tempo di raggiungerci all’ ospedale dove siamo diretti, gli faccio io stesso un ecodoppler per maggior sicurezza. Mi ringrazia, dice di ripartire che va bene così! È quasi l’una, arriviamo a Kirundo; per non perdere tempo chiediamo a un ragazzo, se può salire con noi sul mezzo, per indicarci meglio la strada.
Suor Erminia, contrariamente a quanto pensavo è una giovane suora, dai modi decisi e sicuri, sembra contenta che siamo arrivati, ci offre un piatto di fagiolini bolliti, un uovo in camicia e una mela. Scarichiamo il pesante ecocardiografo e il resto del materiale. Pare contenta dell’apparecchio, anche se per la sua riservatezza non lo fa molto vedere. Ci fa condurre nella nostra stanza, ottima sistemazione fra il verde in riva allo Zambesi, dove Piero vorrebbe fare il bagno, ma un collega medico che abita vicino a noi glielo sconsiglia, perché dice essere infestato da coccodrilli che, nell'altra sponda tempo fa, avevano addirittura divorato incauti bambini, scesi a riva per giocare! Siamo rabbrividiti dalla notizia. Suor Erminia, direttore sanitario, medico, gastroenterologo, da svariati anni vive lì; a giudicare dalla serenità dello sguardo, sembrerebbe che lì ci fosse anche nata, per la naturalezza con la quale si muove. E’un ospedale molto funzionale, amministrato con intelligenza, periodicamente arrivano medici europei, in genere italiani che prestano gratuitamente la loro opera, per insegnare o per eseguire interventi chirurgici, come il dottor Barbero, ginecologo.
Nel breve periodo in cui c’eravamo noi, una giovane ostetrica milanese vi lavorava già da qualche mese. Accanto all’ ospedale si trova anche un ottimo orfanotrofio ospitante, una settantina di bambini alloggiati in graziose casette, fatte a tipo di capannine. Piero s’interessa della costruzione che, costruita negli anni sessanta dalla Diocesi di Milano, necessita oggi di qualche ritocco. Mentre io insegno ai colleghi il funzionamento dell’ecocardiografo e ripasso con loro le nozioni base dell’elettrocardiografia, Piero è instancabile nell'ispezionare con cura il grande edificio e quello della costruenda chiesa. Nel corso delle visite individuo un bambino per intervento al cuore, la solerte suor Erminia in un baleno inizia a predisporre tutte le pratiche di trasferimento in Italia. La sera diretta radio con l’Italia. Nella casetta dove siamo alloggiati, un bravo cuoco locale prepara i pasti con attenzione e professionalità. Piero, con la solita innata simpatia lo ringrazia per la bontà dei piatti. Anche qui purtroppo il tempo passa in un baleno. Il mattino dopo sono svegliato dal rumore di alcune scimmie che si arrampicano sull'albero vicino alla mia finestra. Dobbiamo ritornare a casa. Un pick up è già pronto, per portarci all’ aeroporto di Lusaka, capitale dello Zambia. Il giorno dopo Luca, figlio di Piero, mia figlia Barbara e il suo compagno Claudio fanno la sorpresa di venirci ad aspettare alla Malpensa. Siamo rilassati e contenti. Anche Piero non pensava di portare a casa un regalo così bello: il sorriso dei tanti bambini che ci ha ricaricato dentro! Grazie Africa!
Fonti
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