Sinodo vescovi: "La comunione è un diritto"

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11 ottobre 2005

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Sull'affermazione del cardinale Angelo Scola, secondo cui l'Eucarestia è un "dono", ha ribattuto il cardinale Julian Herranz, affermando che la comunione è un "diritto".

Si pone così una questione sottile:

  • se l'Eucarestia è un dono non può essere fatto nulla per ottenerla, come quando si è impediti a riceverla, ad esempio per i divorziati, per gli appartenenti ad altre chiese o per le comunità che non hanno sacerdoti e che quindi non possono chiedere che ne venga ordinato uno sposato
  • se l'Eucarestia è un diritto, è giusto che vengano invocati aggiustamenti, sulle leggi e sulla prassi della Chiesa, affinché questo diritto si compia ove è possibile.

Le parole di Scola nella giornata d'apertura indicano che «l'Eucarestia non è un diritto né un possesso, ma un dono.... La sua mancanza non conferisce al fedele e al popolo di Dio alcun diritto».

Da allora si sono avuti diversi interventi, chi a favore del dono, chi a favore del diritto.

Herranz, che è un giurista e che quindi vuole attenersi ai canoni, si è sentito in obbligo di dare il proprio parere. Ha così ricordato l'esistenza di un «diritto fondamentale dei fedeli alla Santissima Eucarestia». La presenza del diritto però, non inficia l'affermazione che l'Eucarestia sia un dono, in quanto deriva da un «atto di infinita liberalità e misericordia di Dio, ... una volta che Dio ha donato alla Chiesa i sacramenti... diviene un diritto».

Herranz ha anche citato il Diritto canonico canone 912: "Ogni battezzato, il quale non ne abbia la proibizione dal diritto, può e deve essere ammesso alla sacra comunione".

L'intervento di Herranz non ha comunque proposto azioni correttive, ma ha invitato i padri sinodali ad essere attenti e «sensibili alle giuste richieste dei fedeli che esprimono la loro fame di Eucarestia». Ha quindi ricordato che i divorziati risposati sono impediti a ricevere la comunione dalla loro condizione irregolare, ma anch'essi devono essere seguiti «con amorevole pazienza e sollecitudine pastorale, per cercare di renderli regolari e per evitare che nessun fedele si allontani dalla Chiesa, o si consideri perfino scomunicato, per il solo fatto di non poter ricevere la comunione».