Un terzo dei detenuti in Italia viene colpito da epatite C

Questa pagina è protetta
Da Wikinotizie, le notizie a contenuto aperto

mercoledì 3 ottobre 2007

Secondo la Società italiana di Medicina e Sanità penitenziaria (S.I.M.S.Pe.) in Italia un detenuto su tre sarebbe affetto da Epatite C. Questa è una delle tante malattie che oltre all'AIDS e alla tubercolosi affligge le carceri italiane.

Un detenuto in media si trova in carcere per 120 giorni: un tempo troppo breve che non permette ai medici di curare i propri pazienti. Solo la metà dei detenuti viene subito inserito all'interno di un trattamento di cura. Un terzo dei pazienti, invece, sospende la terapia prima del previsto, e molto spesso questo avviene perché il detenuto esce dal carcere.

La facciata del carcere romano Regina Coeli

Andrea Franceschini, presidente della S.I.M.S.Pe., afferma che in carcere non si riesce a sostenere un'assistenza sanitaria adeguata, proprio perché i detenuti escono prima del termine della cura. Franceschini chiede «più fondi dallo Stato per la medicina penitenziaria in Italia» sottolineando che «negli ultimi dieci anni, anche a causa dell'indulto, i finanziamenti sono stati tagliati anche del 40%». «In Italia abbiamo un regolamento penitenziario all'avanguardia - ammette il direttore sanitario di Regina Coeli - eppure per quanto riguarda l'assistenza sanitaria siamo ancora in ritardo rispetto ad altri Paesi».

Giulio Starnini, primario di Medicina penitenziaria all'ospedale Belcolle di Viterbo, riferendosi all'indagine Gfk-Eurisko, dice che il carcere in Italia ha il solo scopo punitivo e non rieducativo, come invece dovrebbe essere. Il 37% dei detenuti è di nazionalità straniera, e la fascia di età più presente è quella tra i 30 e i 34 anni. Gli atti di autolesionismo sono ormai all'ordine del giorno, anche se in leggero calo dal 2001 quando ci fu il record di suicidi con ben 69 casi.

Starnini conclude affermando che ancora si fa troppo poco per migliorare la situazione, e sopratutto si fa poca prevenzione per i tanti, troppi, tossicodipendenti che popolano le carceri ed anche gli ospedali psichiatrici giudiziari non sono strutturati come dovrebbero.

Fonti