Vai al contenuto

Paolo Didonè: sviluppi e prospettive del software libero in Italia

Questa pagina è protetta
Da Wikinotizie, le notizie a contenuto aperto
logo Wiki@Home

Wikimedia Italia in cerca di segnali dal mondo
intervista a cura di Semolo75, Aeternus

logo

mercoledì 16 aprile 2008

Paolo Didonè

Paolo Didonè è il presidente di Assoli (Associazione per il software libero). Gli inviati di Wiki@Home lo hanno incontrato il 29 marzo 2008 a Piazzola sul Brenta in occasione di una giornata promozionale su GNU/Linux organizzata dal locale circolo culturale La Roggia.

Intervista

Il mondo del software libero

W@H: Cos'è Assoli, l'associazione che presiedi, e quali sono i suoi scopi?

Didonè: L'Associazione per il software libero, detta anche Assoli, è un'associazione composta esclusivamente da volontari, che si occupa della diffusione del software libero, della sua promozione, si occupa di fare informazione sul software libero, quindi partecipare ad eventi, eccetera, e poi ultimamente ha cominciato abbastanza insistentemente a fare tutta una serie di iniziative di sensibilizzazione verso i cittadini, la politica e quant'altro.

W@H: Quanti sono i vostri soci? Come sono distribuiti geograficamente in Italia? Ci si lamenta molto nella nostra associazione (WMI) che la maggior parte dei soci provengono dal nord Italia, e mi chiedo se lo stesso accade anche da voi.

Didonè: Sì, noi siamo una sessantina di soci attualmente, non ricordo il numero esatto, e siamo distribuiti nel nord e centro Italia; al sud credo che abbiamo solo un socio, a Bari. Al sud purtroppo non ci sono tantissime realtà, o meglio, sì ci sarebbero queste realtà... so che per esempio, per quanto riguarda il software libero, a Napoli credo che ci siano 5 LUG addirittura, c'è un Hacklab molto forte a Cosenza, ci sono una serie di altre realtà. La difficoltà credo che sia soprattutto nel fatto che organizzare delle cose al sud è un po' più difficile, nel senso che c'è molta attività al nord nell'organizzare le cose, a Milano, a Padova, a Bologna, anche a Roma, tutto sommato ce la fai semplicemente, mentre andare a organizzare qualcosa a Cosenza, se non ci sono delle persone in loco che lo fanno, diventa più difficile, e quindi poi ne risente anche la partecipazione all'associazione e tutte queste cose.

W@H: Della tua associazione si è parlato molto in occasione del ricorso che avete presentato al TAR del Lazio contro un bando del Ministero del Lavoro. Puoi riassumere il caso e come si è conclusa questa vicenda?

Didonè: Innanzitutto faccio un appello: smettetela di chiederci di fare ricorsi, perché non siamo uno studio legale (sorride). A parte la battuta, noi ci siamo imbattuti tempo fa in una gara d'appalto del Ministero del Lavoro che sostanzialmente aveva bisogno di aggiornare il software, e ha fatto questa gara d'appalto illegittima, dove chiedeva software di una certa marca, specificando il tipo di software, senza fare quello che prescrive la legge, in particolare il Codice dell'Amministrazione Digitale, cioè senza fare prima un'analisi comparativa. Cosa vuol dire? Vuol dire che se io mi devo comprare una bicicletta, guardo un po' in giro, vado nei negozi, vedo che prezzi ci sono, so che mi serve una bicicletta, non è che dico "mi serve quella marca, quel prodotto specifico"; vado un po' in giro, vedo in base ai costi, in base alle funzionalità, al colore, a tutte queste cose, e scelgo una bicicletta e la compro. Tanto più se sono un'amministrazione pubblica devo fare un'azione del genere: il Codice dell'Amministrazione Digitale obbliga la pubblica amministrazione a fare questa analisi comparativa e poi fare una scelta in base a criteri tecnico-economici. Non è stata fatta dal Ministero. Quindi noi abbiamo chiesto al TAR di fermare il bando, questo non ci è stato concesso subito; poi, quando siamo entrati a discutere il merito della questione, il Ministero ha ritirato il bando, quindi non abbiamo il TAR che dice "sì, la questione da voi posta è vera", non abbiamo queste parole, però abbiamo un fatto molto importante, ossia, cosa molto inusuale, che il TAR ha condannato il Ministero al pagamento delle spese legali, che è un segnale neanche troppo implicito che dice che il Ministero aveva torto. Ora, la notizia non è ancora pubblica, te la dò in anteprima: il Ministero, non si sa bene perché, ha fatto ricorso al Consiglio di Stato, ricorso che abbiamo appoggiato anche noi (non so il termine tecnico), e quindi purtroppo tra diversi anni se ne riparlerà per vedere come finirà. Però il primo segnale forte da parte del TAR è un segnale che ci dà sicuramente ragione, e quindi questa benedetta analisi comparativa va fatta, c'è poco da fare: lo dice la legge e si deve fare.

W@H: Ho letto che il processo è stato molto dispendioso in termini economici. Come ne è uscita l'associazione?

Didonè: Dunque, noi abbiamo lanciato una pubblica sottoscrizione, dalla quale abbiamo ricavato una somma non grande, ma insomma sicuramente ci ha dato una mano, e ne approfitto per ringraziare ancora una volta tutti quelli che ci hanno supportato concretamente in questa iniziativa. Avevamo diversi legali che ci hanno dato una mano a titolo assolutamente gratuito, pro bono come dicono loro. Poi i bolli e queste cose che si devono per forza pagare le abbiamo pagate, sono quasi 3000 euro che abbiam pagato di tasca nostra e, in qualche modo insomma, un po' le donazioni, un po' questo, ce l'abbiamo fatta. Poi fortunatamente il TAR ha condannato il Ministero al pagamento delle spese, quindi il Ministero ci ha fatto un bel bonifico; non ha coperto esattamente tutte le spese, ma insomma siamo rientrati abbastanza bene da questa cosa. I soldi che abbiamo raccolto, quindi, come avevamo promesso, li abbiamo destinati a Debian. I soldi che non abbiamo speso son lì, e sono a disposizione di tutti per fare altre azioni di questo genere, non per forza un ricorso, ma per supportare tutte le attività dell'associazione. Se mi permetti di fare un piccolo inciso: sul nostro sito e sul sito di Debian c'è scritto che noi ci mettiamo a disposizione tecnicamente per raccogliere le donazioni che vengono fatte al progetto Debian. Ora, noi negli anni abbiamo raccolto un po' di soldi, ce li abbiamo tutti in cassa, alcuni credo siano stati spesi, ma molto pochi; c'è un problema organizzativo, più dalla parte di Debian che nostro, per attingere a questa cassa off-shore estera che hanno che siamo noi, loro sanno perfettamente quanti soldi hanno perché ogni anno gli facciamo tutti i conti del caso, quindi mi appello agli sviluppatori Debian italiani: se organizzate delle cose, sappiate che i soldi ce li abbiamo noi e si possono spendere.

W@H: In Italia, ci sono molte associazioni a carattere locale che perseguono fini simili a quelli di Assoli, mi riferisco ai FSUG e ai LUG. Quali sono i rapporti tra l'associazione che presiedi e queste realtà locali?

Didonè: Oltre a questi che hai citato tu, c'è anche una realtà molto importante che è ILS; più giovane ma c'è poi anche un'altra realtà molto importante che è il PLIO (Progetto Linguistico Italiano OpenOffice.org), e poi sicuramente ce ne sono mille altre. Si fa un gran parlare da molto tempo di una più stretta organizzazione e coordinamento con altri tipi di realtà sia in base al territorio, sia in base al tema delle iniziative... anche Wikimedia la metto nel grande calderone di queste realtà con cui si potrebbero mettere delle cose assieme. Si fa troppo poco, quello sì, per mille motivi... io ho chiaramente le mie idee, non stiamo qui troppo a scendere nel dettaglio. Si fa troppo poco e si dovrebbe fare di più. Adesso scadono i due anni del mandato dei nostri organi collegiali, che verranno rinnovati a breve, probabilmente nel corso della conferenza sul software libero che viene tenuta a Trento, se riusciamo ci organizziamo lì in una stanzina a fare la nostra assemblea; io con altri soci stiamo elaborando un piano di riorganizzazione della nostra associazione, delle sue attività, anche per venire incontro a questo tipo di questioni. Quello che vogliamo fare è creare delle presenze più concrete sul territorio, su tutto il territorio, quindi anche al sud (già stiamo contattando alcune persone con le quali avevamo avviato alcuni discorsi di questo tipo tempo fa), e si spera che in questo modo si riesca a collaborare un po' di più, in primo luogo coi LUG e i FSUG che sono presenti sul territorio, e quindi dare tutto l'appoggio che possiamo da una parte, e chiedere tutto l'aiuto che hanno bontà di darci dall'altra parte, per le singole attività e per tutti questi progetti; e poi avviare tutta una serie di collaborazioni tematiche, quindi la collaborazione con il PLIO che è comunque una realtà nazionale però si occupa di un settore ben specifico, collaborazioni che si potrebbero anche ragionare, pensare, progettare con Wikimedia e con altre realtà del genere. Insomma, il nostro futuro è un po' questo, vogliamo sicuramente far sempre di più, se riusciamo a trovare le forze, ma riuscire anche a fare un po' di più con gli altri, riuscire un po' di più a coordinarci molto di più, perché non ha senso che ci sia tutta una serie di realtà che fanno tutte non dico le stesse cose ma insomma, sicuramente moltiplicano inutilmente molti sforzi.

W@H: Quali sono le ragioni che vi hanno spinto a ritirare l'affiliazione con la Free Software Foundation Europe?

Didonè: In realtà non ne farei un caso, nel senso che è un'azione tecnica, fondamentalmente. Qui bisogna fare un po' di storia. La nostra affiliazione nasce prima che aprissero il capitolo italiano di Free Software Foundation Europe. In Italia si parlava al tempo di alcune cose importanti tipo la prima commissione UE, tutte queste cose qua. Per portare la voce anche di quest'altra realtà non c'era nessuno, e si è stabilito di aderire a questo programma di affiliazione che aveva la Free Software Foundation Europe, che poi si è un po' sgonfiato nel tempo, nel senso che la Free Software Europe doveva stabilire un rapporto di comunicazione molto stretto con queste realtà, che all'inizio c'è stato, poi è andato un po' scemando; nel contempo è nata la presenza italiana di Free Software Europe, prima con l'associazione vera e propria, poi con una serie di persone che erano nel team di Free Software Europe, penso ad esempio all'ex presidente Stefano Maffulli, e poi una serie di altre persone che sono entrate; adesso Stefano è uscito, si è dato ad altre cose, ma le altre persone che sono entrate, forse si fanno un po' poco sentire, ma sono sempre lì. Quindi è un fatto più che altro tecnico. Poi, per carità ci sono state anche un po' di polemiche sul grado di democraticità di un'associazione piuttosto che l'altra: la Free Software Foundation Europe accoglie i soci del team più che altro per cooptazione, mentre la nostra associazione è di stampo del tutto diverso, ogni socio che entra, quando ci sono le elezioni, che ne so, del presidente, può dire "mi candido io" e se prende i voti viene eletto. Assoli aveva un impianto un po' simile a quello di Free Software Europe all'inizio, ma adesso è stato assolutamente spazzato via.
Paolo Didonè parla di software libero a Piazzola sul Brenta.

W@H: Che rapporti ci sono oggi con associazioni analoghe alla vostra operanti in Europa e nel resto del mondo?

Didonè: Beh, questo è un fatto molto importante sul quale stiamo discutendo da molto, molto tempo, e stiamo finalmente cominciando a fare qualcosa, anche se è molto difficile. Noi siamo entrati in contatto all'inizio, chiaramente, con la Free Software Foundation, poi con Free Software Foundation Europe, e di conseguenza poi nel resto del mondo con altre realtà tipo Hipatia che è molto forte soprattutto in America Latina. Si tratta di discussioni, coordinamenti, molto poco concreti, perché di iniziative insieme se ne sono fatte sempre molto poche. Abbiamo cominciato invece a lavorare con delle realtà soprattutto europee, tipo FFII (Foundation for a Free Information Infrastructure, fondazione per un'infrastruttura dell'informazione libera), famosa per aver condotto egregiamente la battaglia contro i brevetti sul software negli scorsi anni: è recentissima, di un paio di settimane fa, la pubblicazione congiunta di uno studio che abbiamo fatto con FFII France. Tramite anche questo, stiamo entrando abbastanza in contatto con April e con altre associazioni francesi, e adesso stiamo lanciando un'iniziativa tematica sulle elezioni politiche italiane: ne avevamo fatta una simile nel 2006, poi l'hanno fatta molto meglio i francesi alle scorse elezioni politiche, e adesso noi copiamo noi stessi e i francesi, e la riproporremo la settimana prossima. Non è che con questo c'entrino molto i francesi, ma insomma anche questo è servito per instaurare un dialogo con i francesi per coordinarci, prenderci un po' le misure per poi fare delle altre cose insieme nei prossimi mesi. E poi, anche in Spagna... insomma, stiamo cercando di coordinarci, perché chiaramente gli interessi e le questioni non sono solo italiane, sono assolutamente globali, quindi non ha senso star qui nel nostro piccolo orticello a far le cose.

W@H: Come sono la situazione e la diffusione del software libero oggi, in Italia e nel mondo?

Didonè: Io ci lavoro anche col software libero, quindi ho anche questo punto di osservazione. Io ho visto negli ultimi dieci anni una forte crescita della diffusione del software libero. In Italia forse un po' meno, ma in Italia non è il software libero a non essere molto diffuso, è il software, è l'informatica, sono le tecnologie. Però anche qui si stanno facendo dei passi egregi. Non voglio fare degli esempi che sarebbero parziali, ma ho visto sia nel settore privato, sia anche a casa delle persone... L'altro giorno ero al bar a bere un caffè, è arrivato un mio amico, che mai avrei pensato, e, facendo riferimento all'iniziativa di oggi, in cui ci siamo trovati qui a parlare di software libero, mi ha detto: "guarda, ho installato Linux in ditta da me perché volevo provare, e sono rimasto a bocca aperta". È un esempio che mai avrei pensato di poter portare. Se ne sta parlando molto nella pubblica amministrazione anche in Italia; non se ne sta facendo molto, ma insomma, se ne sta facendo. In Italia poi abbiamo delle leggi che hanno cominciato a considerare il software libero; abbiamo il CNIPA che è l'autorità per il software nella pubblica amministrazione, che ha un suo osservatorio Open Source, che ha al suo interno delle persone molto valide che se ne occupano; è stata istituita per la seconda volta la Commissione Open Source... Insomma, anche da parte della politica qualche interessamento c'è. Chiaramente per noi è ancora troppo poco, si potrebbe fare di più; il nostro ruolo è anche questo: star lì a dire che non basta, e a spingere a fare di più.

W@H: Hai già detto qualcosa rispondendo alle precedenti domande, ti chiedo ora se hai altro da aggiungere riguardo i progetti futuri di Assoli?

Didonè: Beh, intanto questo progetto di cui abbiamo già parlato, che sarà visitabile al sito http://elezioni.softwarelibero.it, è un progetto che sostanzialmente si pone l'obiettivo di sensibilizzare la classe politica e in particolare i candidati alle prossime elezioni e strappare loro una qualche promessa, anche se poi sappiamo che le promesse elettorali sono quel che sono però noi poi torneremo, come siam tornati l'altra volta, a chiedere a questi che ci rendano conto di come sono andate a finire le cose. A fianco a questa, vogliamo lanciare una grande petizione per avere anche il polso di quanto è diffuso l'interesse per il software libero, far sì che i cittadini dicano "sì, io se devo scegliere voto più volentieri un candidato che si interessa al software libero, piuttosto di uno che proprio non gliene frega punto". Quindi, noi con questo speriamo di raggiungere dei bei numeri anche da presentare al mondo politico quando sarà ora di andare lì a chiedere conto di queste cose, a fare delle proposte, potendo dire che c'è tanta gente che è interessata alla cosa, quindi è importante che tutti firmino e facciano firmare la mamma, la zia, ecc. E poi è anche una buona occasione per andare da qualcuno che non si interessa più di tanto del software libero, fare due chiacchiere, spiegargli un po' la questione, con la scusa di questa petizione fargli cliccare due bottoncini sul web, però intanto spiegargli e mostrargli le cose.
Poi, altre iniziative che abbiamo in cantiere... abbiamo tutta una serie di iniziative di dialogo con le istituzioni, sono un po' monotematico purtroppo, ma ci stiamo occupando molto di queste cose ultimamente, non sono vere e proprie iniziative pubbliche però sono stati instaurati dei tavoli di discussione diciamo con diverse realtà in Italia, un po' in tutto il centro-nord (manca anche qui, colpevolmente, il sud) e poi stiamo preparando in realtà un altro paio di iniziative, però è un po' troppo presto per descriverle. Comunque basta andare sul nostro sito.

W@H: Cosa ne pensi della versione 3 della GPL, che è stata rilasciata recentemente, che ha suscitato alcune polemiche?

Didonè: Partiamo dall'assunto che la GPL non è importante ma è fondamentale. È la licenza principe, l'artifizio tecnico se vogliamo, per il quale il software libero esiste. La GPLv3 ha innanzitutto dei grandi meriti, nel senso che è stata fatta un'azione collettiva di revisione di questa licenza che credo non abbia pari in passato, non c'è mai stato un così grande coinvolgimento per revisionare quello che, sì, è una licenza, ma è un po' il biglietto da visita, la carta delle intenzioni del movimento. Poi chiaramente si parla di una licenza, scritta in legalese, quindi si deve rapportare tutto un po' alla difficoltà della materia. Sono state introdotte, aggiornando appunto la GPL, delle questioni molto importanti per quanto riguarda per esempio i brevetti e il DRM. Se vuoi si può discutere su come sono stati approcciati gli argomenti, però io credo che alla fine si sia raggiunto come sintesi un ottimo compromesso. Queste e altre cose andavano per forza inserite in una licenza scritta nel 2007. Quindi io lascerei un po' da parte le polemiche che poi alla fine si sono anche spente: Torvalds stesso, che all'inizio aveva molto criticato la GPLv3, con le ultime revisioni è sceso a molti più miti consigli. Io credo che abbiano fatto un buon lavoro, tanto è vero che quando noi siamo andati all'audizione della Commissione Open Source a portargli delle proposte, una delle proposte era proprio che il software libero rilasciato per le pubbliche amministrazioni sia rilasciato con GPLv3. Quindi io lascerei proprio da parte queste polemiche e andrei avanti con questa GPLv3, che tutto sommato è fatta bene, e poi insomma, a me appunto piace molto come è stata fatta.

W@H: La prossima domanda riguarda il software libero in Italia nel mondo accademico. Qual è il rapporto tra l'università, gli enti di ricerca e il software libero? Qual è il loro ruolo nella diffusione del software libero?

Didonè: Paradossalmente, questo è un discorso molto difficile. Dico paradossalmente perché il software libero è nato negli ambienti accademici, di fatto, ha mutuato dall'accademia tutta una serie di modi di fare. Il paradigma della ricerca scientifica, che è quello di imparare quello che hanno scritto gli altri e da lì proseguire, è un po' anche il paradigma del software libero: riusare quello che è stato fatto e partire da lì per proseguire e migliorare senza reinventare ogni volta la ruota, senza chiudere questa ruota in delle stanze chiuse e inaccessibili, quindi insomma, da lì nasce. Dico paradossalmente perché l'università in Italia non viaggia in buone acque, non ha soldi di fatto. Questo discorso è importante perché molto spesso lo scopo dell'università passa dal trasmettere conoscenza a quello di - sempre trasmettere conoscenza per carità - però monetizzare anche un po' quello che viene fatto, la ricerca, ecc. Il fatto che ci sia questa foga a brevettare qualsiasi cosa, dispiace quasi che non si possa in Europa brevettare il software perché sennò brevetterebbero anche i programmini che fanno fare agli studenti ai corsi di base... Quindi quando tu vai a dire che è quasi naturale che il software prodotto dall'università, in particolare in ambito di ricerca e nell'ambito educativo, sia naturalmente messo a disposizione degli altri, e quale migliore modo di farlo che renderlo software libero? Ecco, quando fai questi discorsi sembra un po' che tu voglia rompere le uova in qualche paniere... Insomma io lo vedo come un discorso assolutamente naturale, purtroppo non lo è. Questo è un aspetto.
Altri aspetti sono estremamente positivi: nelle università italiane si fa sicuramente tanto software, tanto software libero, c'è una grossa partecipazione dal punto di vista tecnico soprattutto. E poi anche loro sono enti pubblici con tutti i problemi relativi, quindi è una situazione piena di chiaroscuri. A me meraviglia che non sia naturale la scelta del software libero in questi ambiti.

Progetti Wikimedia

Paolo Didonè con Semolo75 e Aeternus.

W@H: Conosci i progetti promossi dalla Wikimedia Foundation?

Didonè: (pensoso) Wikimedia Foundation? Wikipedia? (sorride) Beh, Wikipedia come non conoscerla? So che a latere fate tante altre cose, ma se adesso mi interroghi prendo un brutto voto perché non conosco nel dettaglio tutti gli altri impegni e iniziative che avete. Non ti so fare l'elenco... Poi andando in giro, trovo spesso i tuoi colleghi (di Wikimedia Italia n.d.r.), mi mostrano, mi fanno vedere... quindi vederli li ho visti, quando utilizzo la rete sicuramente poi ci capito e li utilizzo, ecc.

W@H: Cosa ne pensi?

Didonè: Sono iniziative molto belle, e poi mi sembra un gruppo qui in Italia molto orientato alla concretezza, che non fa mai male, il fatto stesso che facciano delle dimostrazioni lo vedo sicuramente in modo positivo.

W@H: Hai mai contribuito a Wikipedia, o a uno degli altri progetti, e in quali pagine?

Didonè: A Wikipedia, qualcosina sì, poco, non mi sono mai messo... devo aver fatto un po' di correzioni, ma scrivere una pagina, no. Devo aver corretto o aggiunto qualcosa per esempio nella pagina di Piazzola sul Brenta, per esempio. Però io quando per lavoro faccio formazione anche, in alcuni corsi di base, per esempio quando abbiamo fatto la migrazione su a Bolzano, abbiamo fatto molta, moltissima formazione, e ho fatto molta formazione di base: una delle cose che chiaramente mostravo sia ai tecnici, sia ai docenti, era Wikipedia. Wikipedia perché mi piaceva anche molto vedere lo stupore quando gli mostravi che potevi modificare le pagine e nessuno era lì col mitra che ti sparava. In particolare, se mi dai un minuto, ti racconto un aneddoto molto carino: c'era una scuola cattolica di suore, le Marcelline di Bolzano, molto simpatiche. Stavamo mostrando loro questa Wikipedia (in realtà lo stava facendo un mio collega, non io) e per fargli fare una prova gli abbiamo fatto creare la pagina delle Marcelline. Allora, cerca Marcelline, viene fuori che c'è una pagina, perché è un ordine molto complesso, delle Marcelline di Milano ma non c'erano loro. Allora gli abbiamo fatto aggiungere il link al sito della loro scuola, e mentre parlavamo poi mostriamo che c'è anche la possibilità di vedere la cronologia delle modifiche... Vai a mostrargli quella pagina, e vediamo che quattro minuti dopo di noi qualcuno aveva preso il link che noi avevamo messo molto banalmente una riga sotto, era andato lì a correggere, a mettere un elenco non ordinato nella pagina delle Marcelline. Ti puoi immaginare la reazione di queste suore, già prima erano stupite di questa cosa e poi quasi mi svenivano lì.

W@H: Come giudichi un progetto in cui una persona possa scrivere liberamente su un argomento enciclopedico? Lo giudichi democratico o anarchico? O cosa?

Didonè: Bah, io banalmente lo giudico bene... Non credo sia anarchico, perché poi il fatto che esistano degli strumenti per far sì che non si sviluppi il caos, e questi strumenti sono banalmente la possibilità che viene data non solo a chi fa le modifiche ma a tutti gli altri di andare a fare la stessa modifica, o di correggere, o di togliere se uno scrive una bestemmia o se scrive un'inesattezza... Già solo per questo motivo penso che non si possa parlare di anarchia. Poi so che voi siete molto ben sviluppati, avete una serie di persone che dedicano molto tempo anche poi alla verifica della qualità, per far andare avanti la cosa e per evitare appunto fenomeni di anarchia, quindi credo che di anarchia non si possa parlare.

W@H: Quali sono secondo te le potenzialità di un progetto del genere?

Didonè: Le potenzialità credo che siano evidenti, di fronte agli occhi di tutti, cioè quando mai nel mondo hai visto un'enciclopedia, che è un'istituzione quasi sacra nel mondo del sapere, dell'istruzione... tutti impariamo a vedere questa enorme massa di libroni sugli scaffali scritti dalle menti più brillanti di tutti i tempi, e poi scopri che si può sostanzialmente aprire il computer e andarsela a fare questa enciclopedia. Da una parte, c'è chi può dire: "Ma come? Studiosi da tutto il mondo che scrivono quelle dieci righe per scrivere qualcosa, chi sono io per farlo?" Dall'altra parte, pensi però che se vai sull'enciclopedia a cercare una voce che interessa a te e a pochi altri, non c'è. Su Wikipedia invece c'è, su Wikipedia anche la cosa che interessa a uno ha la dignità di esserci. Io credo insomma che sia questa un po' la grandezza di un progetto del genere. Sommati tutti questi interessi particolari, viene fuori un progetto che non ha pari nel mondo e nella storia. Senza volere ingrandire, ma io credo che sia così. Che prospettive ha? Sempre meglio, sempre di più, sempre in più lingue, sempre più voci nelle varie lingue, sempre più cultura che viene trasposta lì. Perché poi la cultura di un popolo che sparirà tra 100 anni rimarrà su Wikipedia, di fatto. Sostanzialmente si sta creando la grande memoria storica e culturale di questi tempi e dei tempi avvenire. Io credo che sia un po' questa la prospettiva secondo cui vada vista, non la querela del sindaco, quelle sono veramente piccolezze e banalità... La grandezza di un progetto del genere è proprio questa: la possibilità di tutti di riversare cultura là dentro, che è la prima volta che succede nel mondo e nella storia.

W@H: Quali secondo te i punti deboli?

Wikinotizie
Wikinotizie
Questa intervista esclusiva riporta notizie di prima mano da parte di uno dei membri di Wikinotizie. Vedi la pagina di discussione per avere maggiori dettagli.


Didonè: Guarda, io ho pensato tante volte a una cosa di cui probabilmente avrete già discusso tra di voi tante volte. Io ho pensato: se vado a cercare la pagina di un certo argomento, io vado a leggere quella inglese e trovo una descrizione, dei contenuti; vado a leggere quella italiana e trovo magari dei contenuti che non sono gli stessi... Non dico uno giusto e uno sbagliato, o cose del genere. Secondo me sarebbe bello riuscire a inserire dei meccanismi per trasferire la cultura che c'è già da una parte nell'altra. Per esempio, io vado a vedere la pagina di Eddie Vedder, cantante dei Pearl Jam, vado sulla Wikipedia inglese e trovo 180 mila pagine, vado in quella italiana e magari ne trovo trenta (dico pagine per dire quantità di informazione). Ora, c'è evidentemente meno informazione da una parte che dall'altra. Non c'è un metodo per, non dico per tradurre pari pari perché poi diventa semplicemente un esercizio meccanico, non c'è un metodo per assicurarsi che il più possibile la ricchezza di contenuti che c'è da una parte venga poi trasferita all'altra? Anche perché tante volte diventa una moltiplicazione di sforzi: perché uno dovrebbe scrivere una pagina di Eddie Vedder quando c'è già? Immagino voi avrete affrontato tante volte questo tipo di argomenti... Se vuoi, questa è l'unica questione che mi fa un po' riflettere quando ragiono su Wikipedia.