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USA, elezioni di medio termine: vincono i Democratici alla Camera

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8 novembre 2006 WASHINGTON D.C. (USA). Ribaltamento della maggioranza alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti d’America. Nell’election day del il 7 novembre, in cui era in programma il rinnovo di 435 seggi della Camera, 33 del Senato e 36 governatori, oltre al voto su una serie di referendum locali o statali, i Repubblicani (partito dell’attuale presidente George W. Bush) hanno perso la maggioranza alla Camera. I Repubblicani si sono aggiudicati 203 seggi (ne perdono 27) e i Democratici 230 (erano 203 quattro anni fa). La maggioranza richiesta è di 218 seggi, ampiamente superata dai Democratici.

Per la prima volta nella sua storia, la Camera dei Rappresentanti avrà uno speaker (l’equivalente del Presidente della Camera in Italia) donna, la italo-americana Nancy Pelosi, eletta per i Democratici a New York. La stessa Pelosi, subito dopo la certezza della vittoria del suo partito, ha dichiarato che il voto del 7 novembre riflette la richiesta degli elettori di un radicale cambio di rotta della politica americana, in particolare quella estera, con riferimento alla guerra in Iraq.

Per ironia della sorte, proprio mentre gli Stati Uniti sono impegnati nel conflitto in Iraq, gli elettori del Minnesota hanno eletto alla Camera un candidato musulmano, l’afro-americano Keith Ellison. Ellison, magistrato, in campagna elettorale è stato anche fatto oggetto di pesanti attacchi personali a causa delle sue posizioni favorevoli al ritiro degli Stati Uniti dall’Iraq.

SENATO. Per quanto riguarda il Senato, la situazione è di sostanziale parità. Repubblicani e Democratici sono accreditati di 49 seggi ciascuno (il Senato è composto da 100 membri, 2 per ogni Stato dell’Unione) e quindi vi sarà da attendere fino alle ultime schede, anche se pure quest’anno vi è chi ha lamentato malfunzionamenti e brogli, come successe nel 2000 e nel 2004 in Florida. Questa volta a protestare è uno dei candidati Democratici della Virginia, che corre per il Senato federale: Jim Webb, in vantaggio nel conteggio delle schede, ancora non può proclamare la vittoria a causa di ritardi di conteggio del voto elettronico sia espresso ai seggi, che tramite e-mail (e non è escluso un ricorso al riconteggio). Alcune circoscrizioni elettorali del Paese, onde evitare contestazioni e ricusazioni di voto, hanno preferito ricorrere al vecchio e - sembra - più affidabile sistema del voto e dello scrutinio manuale. Riconfermata senatrice (New York) anche Hillary Clinton, che vince di 36 punti sul suo avversario diretto, il candidato Repubblicano Spencer (rispettivamente 67% e 31% dei voti). Ma Hillary Clinton non fa mistero del fatto che il Senato è per lei solo il trampolino di lancio per la - ben più ambiziosa - corsa verso la Casa Bianca.

GOVERNATORI. Erano da eleggere 36 governatori su 50: tutti i governatori Democratici sono stati riconfermati, mentre il partito Repubblicano ha perso 6 Stati, compreso New York, tradizionalmente democratico ma da 12 anni guidato dal Repubblicano George Pataki. Il nuovo governatore dello Stato di New York è Eliot Spitzer, vincitore con il 69% dei voti contro il 29% ottenuto dal Repubblicano John Faso. Gli altri cinque Stati sottratti al governo dei Repubblicani sono Arkansas, Colorado, Maryland, Massachusetts e Ohio. In California si conferma Arnold Schwarzenegger, anch’egli governatore Repubblicano in uno Stato tradizionalmente democratico. Ma Schwarzenegger ha preso le distanze per tempo dalla politica di Bush e ha adottato una politica molto liberal, cosa questa che gli è valsa l’appoggio degli elettori democratici. Dopo il voto del 7 novembre i Democratici governano 28 Stati, i Repubblicani 22.

REFERENDUM. Nell’election day ci si doveva pronunciare anche su alcuni argomenti di importanza locale o statale. Quello sicuramente più controverso era la recente approvazione, da parte del Parlamento del South Dakota di una legge abrogativa dell’aborto in quello Stato anche per casi di incesto o stupro. Scopo del referendum era confermare o eventualmente rigettare tale legge, ancora non entrata in vigore. Gli elettori hanno votato contro la legge, che quindi non verrà promulgata, sebbene il vero scopo dei suoi proponenti era quello di creare un contenzioso con la Corte Suprema degli Stati Uniti al fine di rivedere in senso restrittivo la legge federale sull’aborto, in vigore dal 1973. Altri referendum tendenti a introdurre la proibizione a matrimoni tra persone dello stesso sesso sono passati nello stesso South Dakota, in Idaho, South Carolina, Tennessee e Virginia. Promossi dai Repubblicani, tali referendum avevano lo scopo di attirare ai seggi gli elettori più conservatori, in particolare quelli della destra cristiana, usando temi in linea con i loro valori morali.

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