Viaggio umanitario del C.I.S.S. in Georgia
lunedì 6 giugno 2009
La ONLUS Cooperazione Internazionale Solidarietà Sanitaria (C.I.S.S.) ha effettuato una missione umanitaria che li ha portati da Canelli (AT) a Tbilisi, capitale della Georgia. Lo scopo era di portare aiuti umanitari, ovvero coperte, stufette elettriche e materiale sanitario, ai campi profughi dell'Ossezia del Sud attualmente stanziatisi in Georgia dopo la guerra dell'agosto scorso con la Russia, che da allora occupa militarmente la regione.
Per evitare di correre rischi alle dogane, la missione ha deciso di attraversare Slovenia, Ungheria, Romania (attraversando il Danubio su traghetto, poiché non vi erano ponti), quindi Bulgaria, Turchia, per giungere finalmente in Georgia dopo tre giorni, il 5 aprile. L'entrata in territorio georgiano è avvenuto dalla parte del mar Nero a Batumi, a circa 450 km da Tbilisi. Qui la missione è stata accolta dalla Caritas, diretta dall'intraprendente padre polacco Widolt, che svolge un ruolo importante nella regione, con dipendenti preparati e umanamente dediti alla popolazione georgiana in difficoltà.
La Georgia vive un momento politico estremamente delicato. I dipendenti della Caritas Italiana avvertono che di lì a due giorni si sarebbe svolta una grande manifestazione di protesta per fare deporre l'attuale presidente, avviso ripetuto poi dall'ambasciata italiana, che avverte di non muoversi dalla Caritas perché normalmente queste dimostrazioni sono la spia di una rivoluzione nascente, con conseguenti tumulti.
Nonostante il divieto, alcuni membri della missione hanno deciso di recarsi ugualmente presso il parlamento: tutta la città era come paralizzata da tantissima gente, polizia ed esercito ovunque, con i manifestanti decisi a presidiare i ministeri.
Il giorno successivo è avvenuta la prima visita ai campi profughi, dove sono presenti oltre 120 000 persone. Sono tutti ospitati in casette prefabbricate di cemento, umide, con il bagno all'esterno: esse sono state costruite a ottobre per l'emergenza. Gori, città natale di Stalin, non mostra più alcun segno del passato bombardamento durante il conflitto.
L'Ossezia del sud è, invece, off-limits, essendo attualmente la zona è controllata dai soldati russi. Le grosse città hanno numerosi quartieri costruiti dal precedente regime ed in evidente sfascio, tantissime persone anziane vendono ogni cosa nel loro piccolo tavolino persino le maglie di lana che con pazienza riescono ancora a fare a mano. Il costo della vita è paragonabile a quello dei Paesi occidentali (i prezzi di frutta e verdura sono simili a quelli italiani), tuttavia lo stipendio di un operaio è 150 euro, mentre la pensione di circa 70.
Nonostante le difficoltà, la popolazione è molto fiera di essere georgiana, che, come dicono i locali, significa essere ben diversi dai russi (anche l'alfabeto non è cirillico, bensì georgiano). Purtroppo come in tanti Paesi del blocco sovietico o nordici anche qui la piaga è l'alcoolismo; numerose sono le fabbriche dismesse e fa un certo effetto vedere chilometri di fabbriche completamente abbandonate con i vetri rotti ed i materiali arrugginiti. Forte, tuttavia, è la nostalgia dell'Unione Sovietica: gli anziani affermano che all'epoca avevano assicurati il lavoro, la scuola, la casa, la salute ed anche le ferie al mare, quindici giorni pagati dallo Stato. Oggi, invece, anche dopo l'ultima crisi finanziaria, la qualità di vita è precipitata in un abisso da cui i georgiani non sanno come uscirne.
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L'ingresso a Tblisi della missione.
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Un campo profughi nei pressi di Gori.
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La mensa della Caritas a Tbilisi.
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Lo scarico dei materiali a Tbilisi.
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Tbilisi: il gruppo nella sede Caritas con Padre Witold e segretaria.
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