Intervista a Raphaël Brunschwig
Sabato 10 agosto 2019
Oggi abbiamo intervistato Raphaël Brunschwig (direttore operativo del Locarno Film Festival) al Palacinema di Locarno e c'erano quattro telecamere che filmavano noi e Raphaël. L’intervista è stata bellissima, ma prima dell’intervista eravamo agitatissimi.
Ti trovi bene al Festival?
Ah moltissimo, è un posto dove si cresce tanto, si imparano tante cose nuove e si incontrano nuove sfide sempre diverse che permettono di fare qualcosa di bello. Al tempo stesso permette di capire chi sei e cosa si vuole fare. È un posto dove è molto bello lavorare.
Come è nato il Festival?
È nato nel 1946 per volontà di alcune persone che si sono messe insieme e in poco tempo hanno deciso di riprendere un’idea che non era più possibile portare avanti a Lugano. L’anno prima c’era stato un Festival a Lugano che ha avuto successo e per il quale, se non ricordo male, si sarebbero dovuti tagliare degli alberi per poter ingrandire lo schermo. Non hanno voluto farlo e allora delle persone intraprendenti qui a Locarno hanno deciso di crearne uno qui.
Di che cosa ti occupi?
Di organizzare il Festival del Film di Locarno.
Qual è la parte che ti piace di più del tuo lavoro?
Il fatto che non ci sia una giornata che è uguale a l’altra. Queste giornate di Festival sono ricchissime di cose che succedono. Tante volte arrivo a sera e mi sembra di aver vissuto una settimana o un intero mese.
Come si sente quando presenta la prima serata del Film Festival?
Fortunatamente non sono io a doverla presentare, perché la parte in cui si parla in pubblico non è la parte che mi riesce più facile, però effettivamente parlare di fronte a tantissima gente, anzi parlare su una piazza che contiene fino a 8000 persone, è un’emozione fortissima.
Quanto ci impieghi a creare il Festival?
Bella domanda… A parte che ovviamente non è una cosa che faccio da solo, ma che faccio con una squadra di venti persone che lavorano tutto l’anno e altre centoventi che lavorano da un mese a undici mesi. Direi che per la più parte delle cose basta un anno, ma ci sono alcuni progetti sui quali si lavora anche con anni di anticipo, per cui è un lavoro abbastanza impegnativo.
Quante persone ci vogliono per organizzare tutto?
Tantissimissime perché dietro alle 900 persone che stanno lavorando adesso, e dietro alle 20 persone che lavorano tutto l’anno, ci sono 72 anni di storia. Per essere dove siamo adesso non basta il lavoro di noi che ci stiamo lavorando, è servito anche tutto quello di tutte quelle migliaia di migliaia di persone che hanno reso grande questo Festival.
Sei tu che hai scelto il pardo?
No, il pardo è stato scelto per un motivo curioso. Il premio che veniva dato fino agli anni Settanta era una vela e poi però si è deciso di legarsi allo stemma della città che sembra un pochettino un pardo ma che forse potrebbe essere un leone. Solo che il leone è un premio che veniva gia dato al Festival del film di Venezia. Perciò il pardo ha una storia molto lunga ed è il simbolo che rende il Locarno Film Festival riconoscibile in tutto il mondo.
Da piccolo volevi fare il tuo lavoro?
No, in realtà non so ancora adesso cosa voglio fare da grande.
Come si sente a vedere la città di Locarno decorata?
È una sensazione bellissima perché di fatto noi prendiamo una piccola città e dei luoghi pubblici, e li trasformiamo in qualcosa di più intimo, quindi trasformiamo una piccola città in qualcosa di molto più grande. A tutte le persone che entrano sembra che siano all’interno di questo mondo che diventa del Festival. È una sensazione molto bella.
Ti piace fare il direttore?
Si è molto bello anche se si ha una grande responsabilità. Le persone di solito pensano che se si è un capo, tutti gli altri devono fare quello che dice quest’ultimo, ma non è così. Il capo dovrebbe essere ugualmente responsabile, ma deve anche essere al servizio degli altri affinché possano fare bene il loro lavoro.
Hai una preferenza di film?
Si, anche se nel mio lavoro faccio di tutto a parte di occuparmi dei film, però cerco comunque di guardarne e ne ho visto uno bellissimo che abbiamo fatto vedere in Piazza Grande due giorni fa dove ci sono degli animali che parlano tra loro in un modo un pochettino assurdo, tramite la chat del telefonino e si dicono anche cose un po’ strane.
Ha fatto altri lavori prima del Festival?
In realtà sì, ma è passato così tanto tempo che quasi non mi ricordo neanche.
Bisogna avere un carattere speciale per fare questo lavoro?
Io penso che tutti lo possano fare però ognuno con il suo carattere, perché ciascuno ha le proprie forze, evidentemente ognuno sviluppa le parti forti del suo carattere e lavora sulle parti deboli. Quello su cui ho cercato di lavorare in questi anni è far sì che le persone del Festival siano al posto giusto e che possano sfruttare tutto il loro potenziale, quindi possano rafforzare sé stessi, rafforzare il lavoro che fanno e di riflesso rendere più facile anche la mia di vita.
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